Una parola in meno
Caffè Scorretto
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I l muro si sta sgretolando. Parlo di quello posto a baluardo della lingua italiana. Anche un collega, tra i migliori per penna e idee, schierato da sempre tra chi considera una ridicolaggine accostare obbligatoriamente, in nome della parità di genere, il femminile al maschile, si è arreso. In un recente articolo, forse sopraffatto dalla pressione ossessiva e aggressiva dei sanculotti della grammatica, che mirano a far sentire i dissidenti in colpa e retrogradi, ha scritto che lo sciopero del giorno prima è stato «uno schiaffo ai lavoratori e alle lavoratrici, ai pensionati, ai disoccupati». Con istintivo moto di ribellione non si è adeguato del tutto alle imposizioni della neogrammatica progressista: per coerenza, dopo «lavoratori e lavoratrici», avrebbe dovuto scrivere, «pensionati e pensionate, disoccupati e disoccupate». Inconsciamente ha rispettato la regola grammaticale del maschile sovraesteso. Che, applicata da secoli, non ha mai nociuto al genere femminile, offeso e oppresso da ben altro. Un vecchio linguista predicava: «La buona scrittura si basa sul risparmio e sull’avarizia: è ellittica, sintetica, guardinga, allusiva, impone una sottrazione più che un’addizione di parole». A costo di essere politicamente scorretti bisogna, per dirla con Vittorio Emanuele Orlando dopo la sconfitta di Caporetto, «resistere, resistere, resistere».