Quando entrarono nello studio di registrazione erano consapevoli che il nuovo disco avrebbe segnato per sempre le sorti della band. Gli Ac-Dc erano giunti a un bivio: rinascere o sparire. Il 19 febbraio del 1980 la formazione australiana perdeva per sempre il cantante Bon Scott, morto a Londra a causa di un'intossicazione da alcol. Una grande tragedia per il gruppo reduce dal successo di "Highway to hell", l'album che aveva consentito al quintetto di Sidney di farsi conoscere a livello internazionale.

Il colpo fu durissimo, ma i componenti della band, i fratelli Malcom e Angus Young, Phil Rudd e Cliff Williams decisero di non fermarsi. Cercarono un altro cantante e dopo una serie di audizioni la scelta cadde su Brian Johnson. In un primo momento sembrava che il posto di Bon Scott fosse destinato a Stevie Wright, ma non se ne fece niente. Per qualche tempo si parlò anche dell'ingresso nel gruppo di Allan Freyer, voce dei Fat Lip di Adelaide. "Freyer amava l'alcol e le donne, aveva una voce aspra e stridente con un'estensione di diverse ottave. Sembrava l'ideale", raccontano Murray Engleheart e Arnaud Durieux, i due giornalisti musicali che hanno firmato "Ac-Dc", una delle migliori biografie (pubblicata in Italia da Arcana) dedicate alla band australiana. In seguito fu lo stesso Freyer a raccontare l'audizione: "Il loro produttore mi propose di andare a Sidney per fare una chiacchierata. Andammo in studio e incidemmo le parti vocali di "Whole lotta Rosie", "Sin city" e "Shot down in flames". Togliemmo la voce di Bon dai master e cantai sulle basi. Una volta finito, George Young era molto colpito dal risultato e voleva far sentire le tracce ai ragazzi che si trovavano Londra. Una settimana dopo venni a sapere che ero il nuovo cantante. Lo dicevano New Musical Express e Melody Maker in Europa e vari programmi televisivi in Australia".

Malcom Young apprese la notizia e commentò: "E' una stronzata". Il chitarrista aveva apprezzato di più l'audizione di Brian Johnson, che però era ancora sotto contratto con la sua vecchia casa discografica e non era intenzionato a pagare la penale per rescindere il contratto. La Atlantic per venire incontro alle richieste della band pagò e così Brian Johnson entrò negli Ac-Dc con un ingaggio di 170 sterline a settimana.

"Entrare nella band fu una grande botta di fortuna - raccontò il vocalist - immagino che tutti nella vita prima poi abbiamo un'occasione da agguantare con entrambe le mani e sfruttarla". Fu così che nella primavera di quarant'anni fa la nuova voce della formazione australiana si ritrovò con il compito ingrato di sostituire Bon Scott. I tempi di inserimento furono brevissimi. C'era un disco da incidere e il clima intorno alla band non era dei migliori. C'erano grandi aspettative tra i fans. Bon era un'icona. Un personaggio stravagante, rocker sul palco e nella vita. I fratelli Young lo sapevano bene, ma non cercavano una "copia" del vecchio cantante. Murray Engleheart ricorda le prime parole che Malcom Young rivolse a Brian Johnson: "Facciamo quello che vogliamo, suoniamo come ci pare e quello che pensano i critici non conta. Niente discussioni. Fine della storia". Poche frasi che sintetizzano lo stato d'animo della band alla vigilia delle prime prove negli E-Zee Studios di Londra, dove vennero composte le musiche di qualche brano. Gli Ac-Dc rimasero in Inghilterra per una settimana, poi si trasferirono (per questioni fiscale più che artistiche) ai Compass Point Studios di Nassau, nelle Bahamas.

C'erano alcuni brani già pronti per la parte musicale, ma c'era da risolvere il problema dei testi. "Per Angus - si legge nella biografia della band - non poteva esserci cosa peggiore che tentare di sfruttare la morte di Bon affidandosi ai testi che stava componendo per il nuovo album. Era una semplice questione di rispetto nei confronti di Bon e di cortesia nei confronti di Brian". Ci fu però continuità nel metodo compositivo: Malcom e Angus scrivevano le musiche, Brian i testi. Proprio sulla falsariga di quanto accadeva con Bon. In studio, soprattutto nel primo periodo, c'era una grande tensione. Che si stemperò con l'incisione di primi brani, grazie anche alle intuizioni del tecnico del suono Tony Platt. Le sessioni continuarono per qualche settimana e in attesa di ultimare il disco la band tornò a esibirsi da vivo con sei concerti in Europa. L'esordio di Brian Johnson avvenne a Namur in Belgio. "Prima dello show - ha raccontato il cantante in diverse interviste - ho notato un ragazzo con il volto di Bon tatuato sul braccio. Si è avvicinato per farmi gli auguri e incoraggiarmi. Non lo dimenticherò mai". Cosi come non dimenticherà mai l'accoglienza del pubblico e gli striscioni con la scritta "Benvenuto Brian". Una volta superato questo primo difficile ostacolo e acquisita la consapevolezza che l'affetto del pubblico era rimasto sostanzialmente immutato, la band si concentrò sul disco, ma prima di tornare in sala d'incisione fu protagonista anche di un tour trionfale negli Stati Uniti. Un successo forse inaspettato, sicuramente di buon auspicio in vista dell'uscita dell'album. "Back in black" venne pubblicato il 25 luglio del 1980 negli Stati Uniti e sei giorni dopo in Inghilterra. Fu un grande successo.

La band dedicò il disco a Bon Scott. "E' l'album di cui andiamo più fieri - ha commentato Malcom Young - eravamo convinti che la storia del gruppo fosse ormai finita. Eravamo sconvolti per la scomparsa di Bon e non sapevamo che cosa sarebbe successo. Eravamo in una specie di limbo e credo che traspaia in tutto il materiale che abbiamo tirato fuori su quel disco". Il resto è storia. Oltre 50 milioni di copie vendute, dischi d'oro e di platino, uno degli album più importanti della storia del rock e dieci canzoni straordinarie, ovvero "Hells Bells", "Shoot to thrill", "What do you du for money honey", "Givin the dog a bon", "Let me put in my love into you", "Back in black", "You shook me all night long", "Have a drink on me", "Shake a leg", "Rock and roll ain't nois pollution".
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