Vincenzo è un giornalista. Fuma e aspetta. Aspetta e fuma. La moglie sta per partorire. Vincenzo ha detto ai suoi colleghi: non chiamatemi se non per cose urgentissime. E il telefono dell'ospedale squilla. "Dottor Greco". Lo cercano e lo trovano pochi istanti prima della nascita del figlio. C'è bisogno di lui. A Milano è successo qualcosa. Qualcosa di molto grave. In piazza Fontana, all'interno della Banca nazionale dell'agricoltura, è esplosa una bomba. Morti, feriti, paura, panico, terrore in un crescendo che afferra al collo l'Italia intera man mano che si chiarisce la portata dell'attacco terroristico.

È il 12 dicembre 1969. Il cielo a Milano è grigio ma a Vincenzo, che ha origini siciliane, quella bomba che insieme alle tante vittime innocenti lacera l'italia dando il via alla cosiddetta strategia della tensione con tanti altri morti, tanti altri feriti, ricorda un'altra strage. Un fatto di oltre vent'anni prima, a Portella della ginestra, dove il cielo era azzurro e i colori della campagna allegri e vivaci. "Stelle di maggio" inizia così, e il pubblico che riempie la piccola sala dell'Arco studio di via Portoscalas, a Cagliari, per la prima sarda di uno spettacolo portato in scena nei teatri italiani da poco più di un anno, intuisce subito che la rappresentazione è di quelle che scavano dentro e lasciano il segno. Roberto Scala e Giorgio Rizzi sono soli sulla scena e con intensa leggerezza cuciono i fatti più scabrosi della storia recente partendo proprio dal primo maggio 1947: in una località montana del Comune di Piana degli albanesi,in provincia di Palermo, durante la festa del lavoro che di nuovo veniva festeggiata nel primo giorno di maggio, si sono radunati duemila partecipanti.

Nessuno poteva immaginare che undici di loro non sarebbero mai più tornati a casa e altri 27 avrebbero riportato ferite anche gravissime. All'inizio i colpi di mitra vennero scambiati per mortaretti ma poi fu chiaro che qualcuno stava sparando sui manifestanti. Era un periodo di tumulti e proteste: il Blocco del Popolo (l'alleanza tra i socialisti di Nenni e i comunisti di Togliatti) aveva vinto le elezioni regionali in Sicilia dove tutte le promesse fatte all'indomani dello sbarco degli americani e della liberazione non erano state mantenute. La popolazione era alla fame e reclamava la terra per lavorare. Gli spari sono stati esplosi ad altezza d'uomo, la firma della strage - si è saputo subito - è quella del bandito Salvatore Giuliano che, però, aveva dato ordine di rivolgere le armi al cielo. E qui lo spettacolo (che porta anche la firma di Enrico Pozzi con la regia di Luca Radaelli) vuole andare a vedere un po' più in là. E allora, in una sapiente ricostruzione teatrale di fatti realmente accaduti, i due attori recitano, cantano, suonano, portano in scena la marionetta del bandito Giuliano e quella di Junio Valerio Borghese (il principe nero che voleva ancora la dittatura in Italia), scoprono disegni e articoli di giornale per agevolare la complessità della narrazione. Ed ecco che ricordano il patto degli americani con la mafia siciliana in vista dello sbarco che mise fine alla seconda guerra mondiale. E la successiva ricompensa per chi aveva dato una mano d'aiuto. Col risultato incredibile ma vero di sistemare nei posti di potere uomini cosiddetti d'onore. Ma non solo: anche la storia del bandito Giuliano viene ricostruita fin dall'inizio insieme a tutti i misteri che tratteggiarono un'epoca durata almeno cinquant'anni, e chissà se mai finita.

Attraverso il lavoro di Vincenzo, giornalista che non si limita a ricostruire ma vuole indagare, ritornano alla mente anche gli atti di eroismo dei tanti che hanno voluto sapere e che per questo hanno pagato con la vita: sindacalisti, politici, magistrati, poliziotti, giornalisti.

Il racconto dei due attori è a tratti commovente, il pubblico ascolta in silenzio partecipe stragi e tragedie, depistaggi e insabbiamenti, storie straconosciute eppure misteriose dove è impossibile distinguere tra guardie e ladri, buoni e cattivi, giusto e sbagliato.

Dalla strage di Portella a piazza Fontana il passo non è poi così lungo. E Milano quel giorno non fu l'unica città a morire di terrore: in 53 minuti partirono cinque attacchi e colpirono anche Roma. Nella capitale gli attentati provocarono 16 feriti, uno alla Banca Nazionale del Lavoro in via San Basilio, uno in piazza Venezia, il terzo all'Altare della Patria; a Milano una seconda bomba venne ritrovata inesplosa in piazza della Scala. Da qual momento fu uno periodo nerissimo della storia repubblicana: il 28 maggio 1974 in piazza Della Loggia i morti furono otto, dodici il 4 agosto 1974 sul treno Italicus, 86 alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980.

"Stelle di maggio" vuole ricordare tutto questo. E alla fine l'applauso insistito che sommerge Rizzi e Scala suona quasi un invito a continuare sulla strada che impedisce l'oblio, sollecita il ricordo, risveglia l'impegno civile.
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