La Corte Costituzionale, riunita in seduta straordinaria, ha dichiarato l’inammissibilità dei quattro ricorsi che erano stati presentati dal “Comitato Promotore per il no”, dalla “Regione Basilicata”, dal Senatore De Falco e da + Europa sia contro la consultazione referendaria sulla legge costituzionale che mira a tagliare il numero dei deputati e dei senatori, sia contro l’abbinamento del medesimo referendum costituzionale alla consultazione per il rinnovo dei sette Consigli Regionali. Pertanto, come prevedibile, considerate le più che legittime motivazioni della Corte, fondate in gran parte, ed in buona sostanza, sul difetto di legittimazione dei soggetti agenti (intelligenti pauca) e/o sul carattere confusorio delle ragioni addotte, il venti ed il ventuno settembre prossimi venturi saremo chiamati ad esprimerci in merito alla tanto discussa e contestata Riforma.

Se dovesse prevalere il “si”, nel prossimo futuro ci ritroveremo un Parlamento composto da soli quattrocento deputati e duecento senatori. Con la vittoria del “no” la Riforma verrebbe invece cancellata e la consistenza numerica attuale dei parlamentari resterebbe invariata. In argomento, ad onor del vero, ho già scritto e la mia posizione non è cambiata, ma credo sia necessario riflettere anche su alcuni altri aspetti rilevanti direttamente connessi alla questione in trattazione ed utili a comprendere le trasformazioni in atto nel variegato panorama politico italiano, se tale vogliamo ancora oggi considerarlo e di conseguenza definirlo. Fermo restando, dunque, l’assioma di base per cui “la Casta salva sempre se stessa” (non dimentichiamolo mai), il buon funzionamento dell’apparato governativo può essere ridotto e ricondotto a questione meramente quantitativa, oppure, al contrario, non può in alcun modo considerarsi disgiunto da più opportune valutazioni di carattere qualitativo? A cosa è dovuta, se davvero si è verificata, la progressiva erosione del principio di legittimazione delle Istituzioni Pubbliche che ha condotto al declino delle ideologie ed alla contestuale affermazione di fenomeni di individualismo rappresentativo o sedicente tale tendenti, negli intenti, al perseguimento dell’obiettivo della massima concentrazione del potere in capo a pochissimi “eletti”, e che oggi trova la sua esplicazione più profonda nella limitazione numerica della componente parlamentare quale misura asseritamente utile a contrastare, in nome della governabilità, il pluralismo politico e sociale quale presupposto fondante della democrazia rappresentativa? La riforma sul taglio del numero dei parlamentari può realisticamente contribuire a colmare il solco venutosi a creare tra la società e le istituzioni oppure, invece, ed al contrario, lo accentua enormemente mascherandosi dietro le mentite spoglie del restyling punitivo? La risposta a siffatti interrogativi potrebbe nascondere delle verità allarmanti soprattutto se raffrontate ed esaminate alla luce del ricordato assioma di base: la Casta salva sempre se stessa. Tanto più quando, in un momento quale quello contingente, i cittadini hanno dovuto, loro malgrado, prendere atto che gli apparati partitici, e di conseguenza, istituzionali, non appaiono più in grado di offrire risposte concrete, conseguendone che la scelta di mutare le forme (composizione numerica del Parlamento) perseguita con ardore dai nuovi organismi partitici istituzionalizzati e rappresentativi del potere, appare come univoco percorso obbligato per non dover mutare, o meglio ristabilire, la sostanza dell’attuale agire pseudo-politico siccome privo, quest’ultimo, di contenuti apprezzabili. Intanto, perché, in ottemperanza al tentativo di offrire una risposta ai vari interrogativi proposti, la chiave di volta e di svolta per uscire da questo impasse, con buona pace dei penta stellati, non può poggiare le sue fondamenta su una concezione validante della “minima rappresentanza numerica utile” quale mezzo idoneo a legittimare un governo di “elites” opportunamente ed attentamente selezionate (intendendosi stavolta, con siffatta espressione, quella relativa alla stretta cerchia di coloro che volevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno solo per tuffarcisi dentro con maggiore comodità), giacchè quasi mai il fine (la governabilità) vale a giustificare i mezzi. Quindi, perché, come ricordato dalla stessa Corte Costituzionale con la notissima sentenza num. 1/2014, non si può in alcun modo arrivare a determinare “una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica, che è al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare”. Inoltre, perché, tale essendo la situazione in punto di diritto, appare oltremodo evidente che il tanto decantato “taglio lineare” in funzione afflittiva, lungi dal porsi come panacea ai tanti mali che affliggono il palcoscenico delle attuali “comparse” politiche qualitativamente discutibili sul piano delle competenze, costituisce l’unico vero danno direttamente incidente su quello che dovrebbe essere il vero ed autentico postulato, ossia l’intangibilità del principio di sovranità popolare, giacchè l’eventuale limitazione, in termini quantitativi, degli angusti interstizi parlamentari, finirebbe non solo per compromettere irrimediabilmente la tutela dei diritti delle minoranze, ma anche la corretta articolazione della già complicata dialettica parlamentare. Infine, perché, laddove ancora non fosse sufficientemente chiaro, il fine ultimo che con questa “riforma del taglione” si intende iniziare a perseguire, è quello di arrivare ad una progressiva conversione in senso soperchieristico ed assolutistico dello Stato diretta alla soppressione di qualsivoglia forma di legittimo dissenso motivato ed alla contestuale esaltazione di quello che viene comunemente definito il “pensiero unico” conformato e conformizzante in totale dispregio di ogni sano concetto di pluralismo politico e sociale. E’ pur vero che la politica incompetente, sprecona e cialtrona, da diversi anni, non ha dato una buona immagine di se, ma siamo davvero convinti di voler legittimare, con il nostro voto, questo scippo di democrazia e di sovranità che ci condurrà, quasi inevitabilmente, ad un periodo di tragico oscurantismo istituzionale?

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato - Nuoro)
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