Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha lasciato Palazzo Chigi per recarsi al Quirinale per un colloquio con il Capo dello Stato Sergio Mattarella.

Un incontro che arriva all'indomani di una giornata ad altissima tensione nella maggioranza, che è cominciata in Parlamento con la spaccatura nel voto sulla Tav e si è conclusa a Palazzo Chigi con il vertice a tre in cui Matteo Salvini ha chiesto la testa di tre ministri.

Si è trattato di un colloquio "informativo", nel corso del quale Conte non ha aperto alcuna crisi. Il premier è uscito dopo un'ora ed è rientrato a piedi a Palazzo Chigi. Ha sorriso ai cronisti senza rispondere alle loro domande: "Auguri e buon lavoro", queste le uniche parole pronunciate.

LE RICHIESTE DI SALVINI - "Basta andare avanti così, non è più possibile". È questo più o meno il succo dell’incontro avvenuto ieri sera a Palazzo Chigi fra Conte e Salvini, e dopo che il leader leghista in piazza a Sabaudia aveva annunciato dal palco: "Non mi interessano rimpasti o rimpastoni".

Poi, invece, le notizie che rimbalzano sui media: a Conte il leader della Lega ha elencato, nel corso del vertice serale, i "tanti" e "troppi" no ricevuti, e i ministri che "non funzionano".

Alla fine ne è nato una sorta di richiesta di rimpasto di governo dove il primo ad essere "sacrificato" dovrebbe essere il ministro Toninelli (Infrastrutture), seguito da Elisabetta Trenta (Difesa) e dal ministro dell'Economia Giovanni Tria, di cui Salvini non ama l'eccessiva accondiscendenza con l'Europa.

Poi da casa Lega altre importanti richieste: via la riforma della giustizia Bonafede, stop al salario minimo, subito le intese autonomiste e, soprattutto, mano libera per spuntare - o imporre - a Bruxelles ampi margini di deficit.

Diversamente, il ritorno alle urne, autentico spauracchio in casa 5 Stelle. Con il centrodestra unito, Salvini potrebbe infatti contare su un gruppone di oltre 400 deputati e 200 senatori e, in tandem con Fratelli d'Italia, otterrebbe una sostanziosa maggioranza.

Ora tocca a Conte provare a rimettere insieme i cocci di una maggioranza dove "qualcosa si è rotto", come ha ripetuto ieri sera Salvini dal palco di Sabaudia.

Fra i nodi anche la riforma costituzionale che taglia i parlamentari, e che rischia di allungare molto i tempi della legislatura e di intrecciarsi con l'eventuale parlamentarizzazione della crisi.

L’ultimo voto è previsto il 9 settembre alla Camera, e l’entrata in vigore della legge solo dopo tre mesi a meno che non ci sia - come invece è altamente probabile - la richiesta di referendum confermativo.

Molto probabile si arrivi dunque a primavera, quando toccherà poi mettere mano alla legge elettorale e qui, opposizioni e M5S, potrebbero convergere su una riforma elettorale proporzionale.

Chi al voto non ci vuole proprio andare, per ovvie ragioni, è il Movimento 5 Stelle. "Leggiamo dai giornali di possibili crisi di governo. Noi siamo al lavoro come ogni giorno per il Paese: chiunque oggi aprisse una crisi di governo si assumerebbe la responsabilità di riportare in Italia un governo tecnico. Sarebbe folle", così la pensano fonti di governo pentastellate.

(Unioneonline/v.l.-L)
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