Non si placa la polemica sulla presunta aggressione subita a Nuoro dalla deputata M5S Mara Lapia.

A rinfocolare il caso arriva anche Pier Franco Devias, leader di Liberu, uno dei tanti movimenti sardisti. Che accende i riflettori su un altro aspetto dell'intricata vicenda.

Dopo la doverosa solidarietà alla pentastellata e la condanna di qualsiasi gesto di violenza, "fosse anche solo una spinta e non il brutale perstaggio di cui parlavano i giornali inizialmente", parla del comportamento della parlamentare con le cassiere.

"Non si sa cosa sia accaduto, e sarebbe inquietante in ciascuno dei due casi. Ma, tra le tante cose ne ho sentita una, ben confermata, che proviene proprio da chi era presente", scrive Devias.

"Perciò - continua - mi trovo a dover condannare anche la profonda mancanza di rispetto che la stessa deputata ha esercitato sulle lavoratrici del supermercato a cui pare nessuno abbia pensato. Tantomeno l'autrice, che da due giorni parla solo del suo massacro e delle 'ossa frantumate', poi ridimensionato in una spinta e in una costola incrinata pare dalla caduta".

Pier Franco Devias (foto Facebook)
Pier Franco Devias (foto Facebook)
Pier Franco Devias (foto Facebook)

Stando a quanto riferito dal leader del movimento sardista, la Lapia, dopo che la famigerata coca cola le ha bagnato il vestito, è andata in escandescenze: "Mi avete rovinato le scarpe di camoscio, questo vestito costa duemila euro e vale più di tutti i vostri stipendi messi insieme", avrebbe detto alle dipendenti del supermercato, circostanza questa che non era emersa nell'audio Whatsapp diffuso per confutare la versione della grillina.

"Trattare la gente da poveraccia - attacca Devias - non mi sembra proprio un bel presentarsi. Anche perché da una deputata ci si aspetta che combatta per far aumentare gli stipendi dei lavoratori, non che li sbeffeggi pubblicamente per il loro salario da fame".

"In tre giorni - osserva ancora il leader di Liberu - neanche una parola di scuse a queste donne, a cui ha fatto pesare, davanti a tutti, la loro inferiorità economica".

Pare anche, stando sempre al racconto di Devias, che una delle cassiere abbia esclamato: "E dire che io avevo pure votato M5S alle scorse elezioni".

Un duro attacco quello del leader sardista, che si conclude così: "Un grande, caloroso abbraccio solidale alle lavoratrici maltrattate e denigrate, che ogni mattina si alzano e vanno a lavorare duramente e dignitosamente. Anche se, probabilmente, loro non hanno un vestito da duemila euro".

LA REPLICA - Il racconto di Devias, che non era presente ai fatti, non è andato giù alla pentastellata. Che smentisce di aver offeso le cassiere. La deputata ha telefonato a L'Unionesarda.it per dare la sua versione dei fatti, fornita anche in vari commenti su Facebook al post del leader di Liberu.

"Potremo chiarire insieme che non ho mai detto il prezzo dei miei vestiti, mai detto chi fossi, mai usato offese personali. Io ho sempre rispettato il lavoro altrui", spiega Mara Lapia, che definisce "vergognosa" la "gogna mediatica" che si è scatenata sull'episodio e chiarisce di non aver mai posseduto un vestito da duemila euro.

"Io nella vita ho sempre lavorato e rispetto il lavoro: posso essermi scocciata perché inondata dalla coca cola, ma la cassiera mi ha fatto capire che era costretta ad andare veloce e quindi dopo le mie iniziali lamentele, non offensive, mi sono fermata e ci siamo asciugate". Poi è successo quel che è successo, e quel caso è in mano alla magistratura.

Sulle presunte offese alle cassiere Lapia, che si definisce persona "umile", invita a casa sua lo stesso Devias e tutte le commesse del supermercato "per chiarire la vicenda".

Il leader di Liberu sostiene che la versione raccontata gli sia stata fornita dalle stesse commesse della Lidl. Le ipotesi, dunque, sono tre: o mente Devias, o mentono le cassiere, o dicono la verità entrambi.

Il commento del leader di Liberu alla replica della grillina non si fa attendere: "Mi auguro che queste testimonianze, che io stesso ho accuratamente verificato - dice al telefono Devias - trovino la giusta verità in sede di processo".

(Unioneonline/L)
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