Perché Donald Trump nel giro di appena 48 ore ha abbassato i toni dello scontro con la Cina. Perchè è passato, in due giorni, dai nuovi dazi che hanno fatto crollare le Borse anche nel Vecchio Continente, all'apertura a un possibile accordo commerciale con Pechino entro la prossima settimana?

I toni del Presidente Usa restano minacciosi, ma il dialogo tra i due giganti è riaperto.

Trump ha detto di aver cambiato idea in seguito ad una lettera conciliante di Xi Jinping, ma il Sole 24 Ore dà una spiegazione molto diversa di quanto accaduto in questi giorni.

Perché Xi Jinping, a differenza del suo omologo statunitense, parla poco. Ma agisce, eccome se agisce.

Occhio alle date, sono importanti per delineare il quadro. Il 6 maggio Trump annuncia nuovi dazi: "La Cina ha rotto gli accordi, pagherà", è il suo messaggio minaccioso.

Il 7 e l'8 maggio due aste di Titoli di Stato Usa hanno avuto esito disastroso. Secondo gli operatori finanziari hanno fatto registrare le peggiori performance dei T-bond americani degli ultimi anni.

Sono crollati gli acquisti, e dietro ci sarebbe lo zampino del Dragone. Il governo cinese è da sempre il più grande acquirente di bond sovrani Usa, ed è letteralmente sparito da entrambe le aste. E non solo, tutte le autorità finanziarie dei Paesi su cui la Cina esercita il suo dominio politico hanno disertato le aste.

Xi Jinping, insomma, senza parole e senza tweet, ha lanciato un messaggio che ha letteralmente terrorizzato Trump e lo ha indotto a più miti consigli.

Un messaggio chiarissimo. E se è vero che Trump difficilmente smetterà di fare la voce grossa e la parte del leone su Twitter, è anche vero che ci penserà su più di una volta prima di infastidire (con atti e non con parole) il grande nemico. Che tralaltro detiene una fetta consistente del debito pubblico di Washington. Due Paesi così lontani e distanti culturalmente, eppure legati a doppio filo l'uno all'altro.

(Unioneonline/L)
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