L'indice Rt è il più basso d'Italia (0,67), eppure l'Isola è inserita fra le tre Regioni ad alto rischio da tre o più settimane nel monitoraggio settimanale dell'Istituto superiore di Sanità.

La Sardegna è assieme a Puglia e Calabria tra le sole tre Regioni a rischio alto (va ricordato che la valutazione del rischio avviene su un totale di 21 indicatori, e non sulla base del solo indice Rt). Basilicata e Campania quelle a rischio basso, tutte le altre sono a rischio moderato, cinque delle quali con "elevata probabilità di progredire a rischio alto" (Veneto, Trento, Molise, Marche ed Emilia Romagna).

Va detto che l'Isola era a rischio alto anche negli scorsi monitoraggi, ma mentre molte Regioni sono riuscite a ridurre il livello di rischio, la Sardegna ancora no.

La Sardegna resta zona gialla perché l'indice Rt è molto basso, e per finire in area arancione o rossa bisogna associare a un livello di rischio alto un indice Rt elevato (tra 1,25 e 1,5 si finisce in area arancione, oltre 1,5 in area rossa). Le Regioni ad alto rischio sono tuttavia invitate ad adottare "ulteriori misure restrittive" a livello regionale.

I MOTIVI DEL RISCHIO ALTO - Ma perché l'Isola, nonostante un Rt molto basso e un numero di casi non certo elevato se paragonato ad alte Regioni, è ad alto rischio? Leggendo il monitoraggio dell'Iss, si segnala - e questo già si sapeva - un'occupazione delle terapie intensive oltre la soglia di guardia del 30%. Ci sono inoltre due allerte rilevate che certamente contribuiscono ad aumentare il livello di rischio dell'Isola.

La prima riguarda l'indicatore 2.2, che è "sopra soglia", rileva l'Iss: si parla del tempo che intercorre tra la data di inizio sintomi e la data della diagnosi di positività al coronavirus. La seconda è sull'indicatore 2.6, sotto la soglia di guardia del 75%. Questo indicatore riguarda il numero di casi per cui è stata effettuata regolare indagine epidemiologica in rapporto al numero totale dei casi rilevati. Ciò vuol dire che per più di un quarto dei casi nell'Isola non viene effettuata l'indagine epidemiologica.

L'INDICE RT - Nel periodo 11-24 novembre l'Rt medio calcolato sui casi sintomatici in Italia è sceso sotto quota 1, come aveva preannunciato ieri Conte, attestandosi a 0,91 (range 0,79-1,08).

In 4 Regioni l'indice di trasmissibilità Rt aggiornato al 2 dicembre si colloca sopra il valore 1. Si tratta di Molise (1.37), Veneto (1.11), Friuli e Toscana (entrambe 1.01).

Le altre: Abruzzo 0.9, Basilicata 0.86, Calabria 0.95, Campania 0.84, Emilia Romagna 0.99, Lazio 0.94, Liguria 0.69, Lombardia 0.97, Marche 0.81, Bolzano 0.83, Piemonte 0.76, Trento 0.83, Puglia 0.92, Sardegna 0.67, Sicilia 0.84, Umbria 0.71, Valle d'Aosta 0.81.

DATI INCORAGGIANTI - La curva epidemiologica va meglio e si allenta la pressione sugli ospedali, i dati sono "incoraggianti" e "confermano l'impatto delle misure adottate". L'incidenza dei casi negli ultimi 14 giorni è 590,65 per 100mila abitanti, nel periodo precedente era 706,27.

INCIDENZA ALTA - Una diminuzione "significativa", ma un'incidenza che resta "ancora troppo alta".

Di qui la raccomandazione: "Massima attenzione nell'adozione e nel rispetto delle misure, evitare un rilassamento prematuro e mantenere elevata l'attenzione nei comportamenti", perché occorre "raggiungere livelli di trasmissibilità significativamente inferiori a 1 su tutto il territorio nazionale consentendo una ulteriore significativa diminuzione nel numero di nuovi casi e, conseguentemente, una riduzione della pressione sui servizi sanitari territoriali e ospedalieri".

PRESSIONE SU OSPEDALI - L'impatto sugli ospedali, anche se è in diminuzione, rimane alto: 18 Regioni o Province autonome il primo dicembre avevano superato almeno una soglia critica in area medica o terapia intensiva.

(Unioneonline/L)
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