Il pm Nicola Rossato ha depositato ricorso in appello contro l'assoluzione di Marco Carta per l'accusa di tentato furto di sei magliette, il 31 maggio, alla Rinascente di Milano.

Al momento del fatto con il cantante c'era un'amica, Fabiana Muscas, che si è assunta le responsabilità: per lei è stata decisa la messa alla prova.

Per la Procura l'artista cagliaritano deve essere condannato a 8 mesi perché contribuì al furto rimuovendo "le placchette antitaccheggio" e nascondendole "nel bagno".

Per il pm il giudice è stato "molto indulgente" nel credere a Carta, malgrado le dichiarazioni di un "teste oculare".

Nel ricorso il pubblico ministero spiega di aver già dato conto nel primo grado, davanti al giudice Stefano

Caramellino, "di quante volte gli imputati hanno mentito nell'interrogatorio di convalida (il giudice non convalidò l'arresto di Carta, ma poi la Cassazione di recente gli ha dato torto) anche sulla base, poi, della "visione dei filmati di videosorveglianza".

Malgrado ciò, si legge nel ricorso, il giudice ha ritenuto di dare la prevalenza nella ricostruzione degli eventi al narrato degli arrestati", "rispetto a quello del teste oculare", ovvero l'addetto alla sorveglianza del grande magazzino.

Questo anche se "la genuinità delle relative dichiarazioni" dei due "è ovviamente inficiata dal rapporto di amicizia e dalla preoccupazione della Muscas" per "le conseguenze mediatiche della vicenda che potrebbero derivare a Carta".

Carta, spiega ancora il pm, "nega il proprio coinvolgimento, ma non riesce a spiegare quando e in che modo la Muscas avrebbe preso i capi di abbigliamento da lui indossati nel camerino", ossia le sei magliette del valore di 1200 euro.

Per la Procura, "l'intero percorso motivazionale" delgiudice "parte dall'assunto che" il teste oculare "non sia credibile e tutti gli elementi probatori a disposizione" sono stati "vagliati secondo tale prospettiva".

Il giudice, infatti, nelle motivazioni, depositate a fine novembre, aveva sostenuto che la prova della colpevolezza del cantante era "insufficiente e contraddittoria" e valida, invece, la ricostruzione secondo cui a rubare le t-shirt fu Muscas, che voleva fare un regalo di compleanno all'amico.

Nel frattempo, la Suprema Corte ha stabilito che il giudice, nel non convalidare in direttissima l'arresto eseguito dalla Polizia locale, "non ha fatto buon governo" dei principi che regolano "l'arresto in flagranza di reato e la relativa procedura di convalida".

(Unioneonline/F)
© Riproduzione riservata