"Lo Stato di primo contatto non può che identificarsi in quello della nave che ha provveduto al salvataggio".

Così il tribunale dei ministri di Roma si è espresso sulle accuse di omissione di atti d'ufficio e abuso d'ufficio mosse contro l'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini e del capo di Gabinetto Matteo Piantedosi, per aver negato nell'aprile scorso lo sbarco ai 65 migranti che si trovavano a bordo della nave tedesca Alan Kurdi, della Ong Sea Eye.

Se una nave che raccoglie i naufraghi batte ad esempio bandiera tedesca, spiegano i giudici, è alla Germania che deve rivolgersi per ottenere l'approdo.

Il concetto di "porto sicuro", proseguono, non sempre è facilmente identificabile.

"L'assenza di norme di portata precettiva chiara applicabili alla vicenda non consente di individuare, con riferimento all'ipotizzato, indebito rifiuto di indicazione del Pos (Place of safety), precisi obblighi di legge violati dagli indagati, e di conseguenza di ricondurre i loro comportamenti a fattispecie di rilevanza penale".

Vero anche, sottolinea il tribunale, che se le coste di quel Paese sono troppo lontane, "la normativa non offre soluzioni precettive idonee ai fini di un intervento efficace volto alla tutela della sicurezza dei migranti in pericolo".

(Unioneonline/D)
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