Non sarebbe stato Antonio Ciontoli a sparare.

Una nuova, clamorosa, testimonianza può riscrivere la storia della morte di Marco Vannini, il 21enne ucciso con un colpo di pistola nella casa dei genitori della fidanzata a Ladispoli (Viterbo), e per il cui omicidio è stato condannato a cinque anni di carcere (nell'indignazione generale) Ciontoli, militare di carriera padre della ragazza del giovane.

A parlare ai microfoni della trasmissione di Italia 1 "Le Iene" è Davide Vannicola, amico dell'ex comandante dei carabinieri di Ladispoli a sua volta amico di Antonio Ciontoli.

Intervistato da Giulio Golia, Vannicola spiega: "Un giorno Izzo mi viene a trovare in negozio e mi dice: 'Amico mio, forse ho fatto una ca***ta, e a livello di coscienza non si può recuperare perché è morto un ragazzo. Una cosa che mi porterò dentro per tutta la vita. Hai sentito parlare del caso Vannini?'".

Poi la rivelazione: "Ciontoli quella sera aveva chiamato Izzo per chiedergli aiuto. Al telefono aveva detto: 'Hanno fatto un guaio grosso, mi devi aiutare, c'è il ragazzo di mia figlia ferito nella vasca'".

Sì, Ciontoli avrebbe detto "hanno fatto un guaio grosso", affermando implicitamente che a sparare è stato uno dei suoi familiari, e non lui. Quella sera in casa c'erano la moglie di Ciontoli e i suoi due figli, compresa la fidanzata di Marco Vannini.

Un altro dettaglio strano. La chiamata di Ciontoli a Roberto Izzo sarebbe partita ancor prima della telefonata al 118. Ed è anche per questo che Izzo si sente in colpa, stando a ciò che racconta Vannicola: perché allertando subito i soccorsi avrebbe potuto salvare quella giovane vita. Una chiamata, tuttavia, che non è agli atti. È agli atti invece un altra telefonata sempre di Ciontoli a Izzo, partita all'1.18, quando si era già in ospedale. Di qui la domanda: con che telefono sarebbe stata fatta?

(Unioneonline/L)
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