La ricerca viaggia su un ponte che unisce Iglesias a San Francisco.

Può apparire strano, viste le differenze tra la realtà economica dell'antica Villa Ecclesiae e la città californiana del Golden Gate Bridge, ma se la lotta al cancro ha un nuovo motivo di speranza, lo deve (anche) a una delle città sarde simbolo della crisi. Perché il cuore del giovane ricercatore dell'Ucsf (Università della California San Francisco) che, di recente, ha fatto un'importante scoperta per la cura dei pazienti oncologici, è per metà di Iglesias.

IL RICERCATORE - Mauro Poggio, questo il nome dello studioso la cui ricerca è pubblicata dal mensile specialistico "Nature Medicine", è nato trent'anni fa a Savigliano, circa 20mila abitanti in provincia di Cuneo, da papà piemontese e mamma di Iglesias: Letizia Pinna, figlia del fondatore della ditta di edilizia Pinna.

Ma il legame di Mauro con Iglesias non si limita alle origini familiari. "Sento molto le mie origini sarde e ne vado orgoglioso - conferma al telefono dalla California - la prima volta che sono stato a Iglesias avrò avuto poco più di un mese e ci sono sempre ritornato con molto piacere per le vacanze".

Laureato in Ingegneria biomedica al politecnico di Torino, ha poi proseguito gli studi all'Università californiana Berkeley Bioingneering.

Da sei anni vive a San Francisco, dove ha rivolto il suo interesse alla ricerca oncologica all'Ucsf: proprio lì, nel laboratorio dello scienziato Davide Ruggero, si è sviluppato il lavoro che ha condotto alla scoperta i cui contenuti cerca di tradurre in termini comprensibili: "Le cellule tumorali, soprattutto in certe forme più aggressive, sono in grado di rendersi invisibili al sistema immunitario che, in condizioni normali, è in grado di attaccarle e distruggerle senza che noi neppure ce ne rendiamo conto. Con questo composto si punta a rendere più forte il sistema immunitario in modo che possa vedere e attaccare quelle cellule".

LA SPERIMENTAZIONE - Negli Usa sono già passati alla sperimentazione su volontari umani.

Il giovane ricercatore (attualmente al lavoro nel laboratorio di Robert Blelloch, dove a breve sarà pubblicata una nuova scoperta) racconta le emozioni provate di fronte ai risultati dello studio, frutto di 4 anni di lavoro. "Ci sono sempre due fasi: la prima è quella del mettersi in discussione e dubitare del risultato perché devi essere il primo 'nemico' della tua scoperta e farle le pulci, come si usa dire. Poi, se tutto combacia, arriva una grande soddisfazione".

Soprattutto quando il campo d'azione è così importante come quello della lotta al cancro: "Quando ti rendi conto che una scoperta ha degli effetti molto clinici, qui in America usiamo il termine translational sei pervaso da una motivazione enorme, che porta a esplorare ancora".

Anche qui c'è l'impronta tutta iglesiente: "Ho preso da mio nonno materno che, fin da bambino, mi stimolava perché sviluppassi la curiosità e la tenacia per raggiungere gli obiettivi".

Ora Mauro può dire che la sua vita è proprio come l'aveva sognata.

Cinzia Simbula

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