Carne buona per natura. Ancor più buona se frollata, lasciata maturare e intenerire per mesi secondo un processo che richiede tecnica, cura, strumenti idonei. Non tutti i macellai possiedono le conoscenze giuste per cimentarvisi e molti luoghi comuni impediscono in Sardegna la diffusione di questa pratica. Sergio Sulas, economista, bocconiano, riconfermato di recente alla guida del Gruppo d'azione locale Marghine, è abituato a liberarsi degli stereotipi e puntare sulle certezze. Dopo essersi aggiudicato un bando regionale, lo stesso Gal organizzerà a Macomer un corso sulle tecniche di lavorazione delle carni affidandolo alla ogliastrina R.M. Servizi di Rocco Meloni. "La maturazione e la frollatura - sostiene Sulas - sono operazioni indispensabili per valorizzare animali alimentati prevalentemente al pascolo naturale e con fieno. Animali che stanno all'aperto e che camminano in ampi spazi per tutta la loro vita. Rispetto a un animale allevato in stalla, le carni risultano più consistenti, toniche e con minore contenuto di acqua. La frollatura ha la principale finalità di rendere la carne più tenera". L'idea di valorizzazione dei prodotti del territorio del Gal è più ampia, contempla il progetto Kent'erbas, nato per valorizzare carni, formaggi e latte di animali allevati non in azienda ma sui pascoli del Marghine. I primi risultati sono sorprendenti: "Alcuni campioni di latte - spiega Sulas - hanno un contenuto di fenoli quasi equivalente al molto pubblicizzato Danacol e tutto dipende da quello che hanno mangiato le pecore. Abbiamo il Danacol naturale e non lo sapevamo". Un'ottima notizia per chi ha problemi di colesterolo "Più complessivamente - insiste il presidente del Gal - le nostre strategie prevedono la valorizzazione sia delle produzioni zootecniche (carni bovine, formaggi vaccini e/o pecorini) ottenute da animali alimentati prevalentemente al pascolo naturale e con fieno, sia delle produzioni agricole ottenute con il basso utilizzo di mezzi tecnici di produzione (fertilizzanti, presidi sanitari, ecc.). Coerente con queste strategia è anche l'acquisizione di competenze specialistiche in capo ai titolari delle imprese agricole partecipanti alle iniziative del Gal".

Da qui la partecipazione ai progetti formativi blue e green economy finanziati dalla Regione. Il primo finalizzato all'acquisizione di competenze sulla maturazione dei formaggi. Il secondo all'acquisizione di competenze sulla maturazione e frollatura delle carni. Saranno duecento ore di formazione. Entro febbraio partiranno l'uno e l'altro.

IL FUORICLASSE - Stando alla frollatura, per capirne - e carpirne - i segreti è utile consultare un espertissimo del ramo. Si chiama Francesco Camassa, è pugliese di Grottaglie, provincia di Taranto, e fa il coach della nazionale italiana macellai. La sua azienda esiste da generazioni, lui riconosce la qualità delle carni ("nell'Oristanese avete un bue rosso da favola") ed è un fan della frollatura. "Io - dice - porto sul mio banco di vendita soltanto la carne che ha trascorso almeno due o tre settimane in cella di stoccaggio". Sul sito aziendale Camassa ha pubblicato un lungo messaggio con il quale intende smentire quelli che secondo lui sono soltanto luoghi comuni. "La frollatura - dice - rende più buona la carne. La rende più tenera e più succosa. Non è un punto di vista, ma una constatazione oggettiva perché la valutazione qualitativa di una bistecca passa per parametri oggettivi che sono soprattutto tenerezza, succosità e digeribilità. Partiamo da un macroscopico presupposto: solo la conoscenza vi condurrà alla bistecca perfetta. Rimanere attaccati a falsi miti, a dicerie senza fondamento, a voci da corridoio sollevate dal primo che passa e a chiacchiere da bar vi conduce nella direzione sbagliata. Quella dove ad attendervi c'è una soletta di scarpa che qualcuno osa chiamare bistecca".

Mario Rais, macellaio e ristoratore di Sinnai (foto Rais)
Mario Rais, macellaio e ristoratore di Sinnai (foto Rais)
Mario Rais, macellaio e ristoratore di Sinnai (foto Rais)

È falso - sostiene Camassa - che la frollatura faccia marcire la carne. "Convinzione comune - osserva il macellaio - è che quella patina scura sulla carne frollata sia segno di deterioramento. Tutt'altro. Il colore più intenso dà buone notizie: vuol dire che la superficie della carne si è essiccata grazie alla corretta ventilazione nella cella frigo e agisce da scudo protettivo contro i batteri.

All'interno quindi la carne avrà sviluppato maggiore morbidezza e succosità. Oltre l'apparenza poco convincente ci sarà la carne vermiglia e saporita che ogni carnivoro desidera. Basta togliere quei pochi millimetri di superficie (e di pregiudizio) per scoprire il senso vero della frollatura. Che è un processo chimico-fisico naturale: avviene spontaneamente nei muscoli scheletrici degli animali appena abbattuti e li trasforma gradualmente in carne. Il muscolo, dopo la macellazione, non è commestibile per la sua durezza. La frollatura attiva processi biochimici che mutano la struttura della carne rendendola commestibile e donandole il sapore unico percepito poi dal consumatore. Quindi nulla di più naturale della frollatura".

Ovviamente servono gli strumenti appropriati per far sì che il processo vada a buon fine e gli antidoti giusti alla formazione della carica batterica. "La riuscita perfetta della frollatura - spiega Camassa - dipende, come già detto, da tre fattori fondamentali: temperatura, livello di umidità e ventilazione. Il controllo di questi non può avvenire in frigoriferi standard. Il livello di umidità varia a seconda dell'animale (si aggira attorno all' 85-90% per i bovini). La temperatura va mantenuta attorno agli zero gradi centigradi (tra 0 e 4, ma anche qui dipende dalla tipologia di carne), solo così sarà maggiore la tutela operata dalla temperatura nei confronti dei microorganismi indesiderati. Certo, non è solo questione di strumenti idonei ma anche di conoscenze solide sull'argomento. Contaminazioni e proliferazioni batteriche sono sempre in agguato quando non si utilizzano celle frigorifere adatte e la lampada UV germicida".

Francesco Camassa, pugliese, coach della nazionale italiana macellai (Fb/Macelleria Camassa)
Francesco Camassa, pugliese, coach della nazionale italiana macellai (Fb/Macelleria Camassa)
Francesco Camassa, pugliese, coach della nazionale italiana macellai (Fb/Macelleria Camassa)

Camassa è definito "un maestro" da Mario Rais, 41 anni, macellaio di seconda generazione e proprietario di due ristoranti, a Sinnai e a Cagliari: ha saputo conservare tagli di bovino di due anni nelle sue celle. "Le ho concepite e realizzate io - riferisce - con l'aiuto di esperti come il maestro Camassa, le preferisco a quelle in commercio. Il segreto della corretta frollatura è rispettare le regole. Il primo principio di maturazione? Togliere i liquidi alla carne. Che non va contaminata con agenti esterni in entrata dalla rete idrica. La frollatura in senso proprio avviene nei primi 25 giorni, con la trasformazione del muscolo in carne. Che così diventa più tenera. Quello che accade dopo è la maturazione, ovvero il percorso di disidratazione del prodotto. Che garantisce un sapore, per dirla all'inglese, più strong. Le lampade funzionano per proteggere la carne nei primi 60 giorni, di frollatura leggera. Poi bisogna adottare altri accorgimenti". IL NUTRIZIONISTA - Anche la scienza dell'alimentazione dispensa le stesse raccomandazioni per evitare l'insidia delle proliferazioni batteriche. "Sì alla carne frollata a patto che il processo sia condotto da professionisti e con attrezzature adeguate", suggerisce Costantino Motzo, nutrizionista che lavora al Policlinico di Monserrato. "La carne si deve ammorbidire in un ambiente ventilato e aerato. E bisogna avere la certezza di consumare carni certificate. Ciò che poi dà garanzia assoluta è la carne ben cotta". No deciso, sempre e comunque, alla frollatura fai-da-te in cantina o tramite una refrigerazione scorretta. Per il resto sono sovrani i principi di sana alimentazione.
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