L'appalto è segreto di Stato. Le operazioni blindate come si conviene agli affari militari in un poligono di guerra. A Capo Frasca, lingua di terra slanciata sul mare tra la laguna di Marceddì e il golfo di Oristano, il silenzio è rotto solo da boati di jet supersonici. Irrompono nel cielo come missili, con capriole da air shows, dai tonneau orizzontali ai looping verticali. Non si pesca, le barche ondeggiano in rada, in un mare sempre calmo. È giorno di esercitazioni ma niente bombe. Il poligono è una distesa infinita di terra di Sardegna, una zona franca militare pari a 1400 campi di calcio, tra vegetazione fitta fitta bucata solo da giganteschi cerchi bersaglio, dove negli anni le pattuglie dei cieli di mezzo mondo hanno scaricato di tutto e di più. Un pallone bianco, degno dei centri più sofisticati della tecnologia aeronautica, si erge ciclopico nel cuore della terra occupata da bombe e daini. Specie importata ma moltiplicatasi a dismisura tra lentischi e cisto, tra corbezzoli e ginepri.

Il cartello dell'amianto nelle bonifiche (L'Unione Sarda)
Il cartello dell'amianto nelle bonifiche (L'Unione Sarda)
Il cartello dell'amianto nelle bonifiche (L'Unione Sarda)

Checkpoint Charlie

Sono loro gli unici spettatori inconsapevoli di quanto accade dentro quel recinto vietato a chiunque non abbia le stellette al petto. I cartelli gialli, disseminati ogni piè sospinto, sono perentori: vigilanza armata, vietato avvicinarsi. Da giorni il cancello presidiato h24 come un Checkpoint Charlie è varcato sistematicamente da vecchi catorci Fiat Iveco 330, classe 1993, quasi 30 anni di gomme consumate nelle strade impervie dei poligoni sardi e non solo. Targa di Stato: Aeronautica militare AM 20081. Difficile scoprire quello che capita dentro, ma non è facile passare inosservati quando la saracinesca orizzontale scorre sull'ingresso di Capo Frasca. La missiva anonima non aveva usato il linguaggio criptato: ogni giorno camion verdi entrano vuoti ed escono carichi.

Il camion che esce dal Poligono di Capo Frasca (L'Unione Sarda)
Il camion che esce dal Poligono di Capo Frasca (L'Unione Sarda)
Il camion che esce dal Poligono di Capo Frasca (L'Unione Sarda)

Carichi di rifiuti

Stanno portando via rifiuti, ma non si sa dove li portino. Dubbi e sospetti sono all'ordine del giorno quando tutto è circondato da un velo di silenzio e omertà degno di un dogma che ammanta tutto di segretezza. Non resta che affidarsi all'antica regola delle prove, dei documenti, delle immagini inchiodanti di quanto accade in una servitù militare già teatro di duri scontri tra istituzioni. Sono le 12.20 di un giorno qualunque di questa prima settimana di novembre quando dalla collina prospicente il piazzale elicotteristico, con anemometro fiacco, spunta, immerso nel verde, il mezzo militare con marchio dell'ottavo squadrone dell'aeronautica. La Madonnina nel crocevia tra Sant'Antonio di Santadi e la statale 126 copre solo per un attimo la visuale delle fotocamere piazzate per documentare il passaggio. Il tubo di scappamento del mezzo è una cloaca di petrolio denso ridotto in fumo. Voltano il muso anche le pecore nere adagiate sulle cunette. Corre il mezzo, molto spesso oltre i 90 km all'ora. Ha fretta. A bordo due uomini dell'Aeronautica, mimetica e mascherina d'ordinanza.

Il mezzo entra nella base di Decimo (L'Unione Sarda)
Il mezzo entra nella base di Decimo (L'Unione Sarda)
Il mezzo entra nella base di Decimo (L'Unione Sarda)

Zero segnaletica

Nemmeno un cartello, come si addice alle leggi italiane sul trasporto di rifiuti speciali e non solo. Nessun codice Cer, come dovrebbe essere obbligatorio in strade pubbliche e non militari. E, invece, niente. Impossibile scorgere il contenuto a bordo del mezzo di verde dipinto. Sino al crocevia tra Villacidro, San Gavino e Villasor. Il passaggio è obbligato. Non può più fare inversione a U anche se a bordo hanno capito di essere osservati. Lo saranno ancora di più poco più avanti quando le fotocamere sul cavalcavia immortalano senza pietà il contenuto dentro il camion. Capiscono troppo tardi l'arcano della visuale dal cielo, accelerano a dismisura per rendere impossibili le immagini aeree. Niente da fare. I fotogrammi sono nitidi, eloquenti. Ripetuti per giorni.

Le prove dal cielo

Quei frame volanti sono la prova regina di quanto da settimane trasportano quei camion. Nei tre giorni documentati con video e foto, il carico è senza equivoci. Residuati di bombe, missili, ogni genere di armamento e ferraglia di guerra, tutto buttato dentro l'anonimo cassone di un ferro vecchio su ruote, come se stessero trasportando rose e fiori. Le norme militari, codificate a misura per scavalcare ogni controllo, sono a maglie larghe ma non sino a questo punto. Il decreto del 22 ottobre del 2009 che disciplina le procedure di smaltimento dei materiali e dei rifiuti di bonifica dei siti militari impone alcune regole ma conclude con il solito richiamo alla tutela del segreto di Stato su quanto si smaltisce. Un dato è, però, assodato.

Difesa & divieti

La disposizione dice in modo esplicito che questi rifiuti possono stare in un deposito temporaneo per non più di un anno e poi devono essere conferiti in centri autorizzati. È qui che l'affare Capo Frasca diventa un giallo, o qualcosa di più. Nel poligono vietato quei rifiuti erano accumulati già dal 2016. Ben oltre l'anno consentito. Ruspe imponenti avevano messo a soqquadro cerchi di tiro e bersagli disseminati ovunque. L'obiettivo era quello di rastrellare quella montagna di rifiuti, tra bombe da mille libre a missili di precisione. Carica esplosiva per il puntamento e il lancio, anche se il Ministero della Difesa ha sempre dichiarato che gli italiani hanno sempre bombardato con inerti. I caccia dell'aeronautica tricolore forse. Nessuno, invece, conosce che tipo di munizioni, negli anni, abbiano lanciato americani, tedeschi, francesi, israeliani, turchi e via dicendo. Non è un caso che la Nato si sia dovuta occupare direttamente dell'affaire bonifiche di Capo Frasca. A scendere in campo è stato nientepopodimeno che il braccio operativo dell'alleanza atlantica, il Support Agency - Agence Otan de Soutien, meglio noto come NSPA. Un apparato di segretezza che mette nero su bianco la sua missione: centralizzazione delle funzioni di gestione della logistica, fornendo un supporto, scrivono esplicitamente, «dalla culla alla tomba». L'appalto affidato con tutti i canoni di segretezza è rigorosamente in inglese ma la traduzione è puntuale: Piano di rimozione e gestione dei rifiuti rinvenuti presso il sito di Capo Frasca. Si aggiudica segretamente i lavori la potentissima Vitrociset, che dal puntamento di missili e bombe si trasforma in società "specializzata" in bonifiche ambientali. Nomina ben cinque imprese subappaltatrici. L'ammontare delle opere è fissato in un milione e 25mila euro.

Gli scavi dentro la base aerea (L'Unione Sarda)
Gli scavi dentro la base aerea (L'Unione Sarda)
Gli scavi dentro la base aerea (L'Unione Sarda)

Milioni & appalti

Non poco per un po' di ruspe che passano in rassegna residuati bellici intorno ai bersagli del poligono. Il costo maggiore sicuramente sarebbe stato quello dello smaltimento. Tutta quella roba da conferire in discarica sarebbe stata una bella botta. Le vie militari, però, sono infinite e il tutto si blocca come d'incanto. Dentro quei giganteschi cumuli di terra dislocati nel poligono compaiono dei giganteschi teli di plastica nera. Tutto viene coperto e sigillato. Un cartello, che pubblichiamo, dice esplicitamente: attenzione, presenza di amianto. È sufficiente per fermare la bonifica. Alla Vitrociset non basta di certo quel milione di euro, ma sull'appalto i riflettori sono puntati. Non è facile moltiplicare a dismisura l'onere della bonifica. Non se ne farà niente. Sino a novembre 2020, in piena seconda ondata pandemica. I camion e gli uomini dell'Aeronautica, non quelli di Vitrociset che aveva avuto l'incarico a caro prezzo, caricano tutto quello che doveva smaltire l'appalto Nato. E via, lungo il tragitto che abbiamo documentato.

Il camion ripreso con foto aerea da cui si vedono bombe e rifiuti militari (L'Unione Sarda)
Il camion ripreso con foto aerea da cui si vedono bombe e rifiuti militari (L'Unione Sarda)
Il camion ripreso con foto aerea da cui si vedono bombe e rifiuti militari (L'Unione Sarda)

Mission Decimomannu

Non verso un centro di smaltimento autorizzato, ma direttamente dentro la base aerea di Decimomannu. Tutti i giorni da settimane. Difficile pensare che sia stata allestita una discarica autorizzata dei rifiuti speciali e militari dentro la base aerea tra Villasor e Decimo. Non c'è nessuna comunicazione pubblica in tal senso. Dentro l'immenso sistema di piste di jet, però, si scorgono ruspe a gogò. Un movimento terra imponente che abbiamo documentato per giorni. Apparentemente si scava sulla pista, forse per un qualche ripristino, ma è impossibile avere contezza di quell'imponente traffico di camion e escavatori. Il 330 Iveco verde, invece, sparisce dentro quel reticolato di filo spinato. Nessuno, salvo qualche blitz degli organi di controllo, sinora silenti, saprà più niente. Rifiuti spariti nel nulla, nonostante le norme, anche quelle militari, imponessero verifica e tracciamento, autorizzazioni e soprattutto trasparenza. Quei viaggi carichi di rifiuti militari, da Capo Frasca a Decimomannu, sono, invece, segreto e silenzio di Stato.

Mauro Pili
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