Il Match Race, la guerra in mare aperto, abbia inizio. Da una parte il patron di Mascalzone Latino, Vincenzo Onorato, dall'altra banche, scommettitori di borsa, fondi internazionali, autorità di controllo, Commissione Europea e persino lo Stato Italiano. La battaglia navale, quella finale, entra nel vivo. A dettare i tempi è il Tribunale fallimentare di Milano, che in un decreto senza tregua, ha fissato tempi e modi per il concordato preventivo di Moby e Tirrenia, da sempre croce e trasporti da e per la Sardegna. Il fallimento è l'orizzonte, il salvataggio una chimera che si gioca sui tavoli di mezzo mondo.

La Lady di ferro

Una data è fissata, scolpita dalla lady di ferro del tribunale lombardo per i fallimenti in grande stile. Alida Paluchowski, Presidente della Corte, ha sentenziato: entro il 28 ottobre Onorato & C. devono presentare un piano di salvataggio, oppure si va dritti dritti nella camera infernale del fallimento. I campi di gara della regata da combattimento sono tutti nelle acque agitate del Tirreno, tra la Sardegna e il continente. La contesa è senza precedenti. In ballo c'è una montagna infinita di milioni di euro. Tutti con il segno meno davanti. Debiti, una montagna ciclopica che cresce giorno dopo giorno. Ci sono quelli delle banche, quelli degli azionisti dei bond, dei creditori ordinari e poi quelli dello Stato italiano.

Debiti per 643 milioni

L'ultimo dato è impressionante: 643,8 milioni di euro di debiti, soldi ottenuti in prestito e mai restituiti. A suonare la gran cassa ci sono le banche, quelle che hanno finanziato, senza troppe remore, la scalata di Vincenzo Onorato nell'acquisto della compagnia di Stato Tirrenia fattasi poi Compagnia Italiana di Navigazione, Cin per l'anagrafe societaria. Ai finanziatori bancari Onorato deve la bellezza di 160 milioni di euro, 295 milioni li attendono come estrema scialuppa gli obbligazionisti del bond da mille e una notte ottenuto nella Borsa di Lussemburgo nel 2016, soldi decisivi per scalare la compagnia di Stato. A piangere ci sono anche i fornitori delle due compagnie, vogliono indietro 39,3 milioni di euro. E come se non bastasse ci sono debiti anche verso le imprese controllate, per 140 milioni di euro. E i lavoratori, negli ultimi cedolini paga, si sono visti sparire persino il Tfr.

Persi altri 50 milioni

A tutto questo si deve aggiungere un dato non ufficiale ma che trapela dagli unici documenti contabili circolati nei conti dei commissari del Tribunale fallimentare. Moby nell'ultima semestrale avrebbe registrato una perdita di 50 milioni di euro. La Borsa del Lussemburgo già da giugno ha bloccato le "scommesse" sul titolo. Il tracollo delle azioni è da 11 settembre. Alle 15, 17 minuti e 16 secondi dell'otto giugno 2020 la quotazione del bond da 300 milioni si è fermata per sempre, con un stratosferico meno 84,5%.

Disfatta in Lussemburgo

In sostanza, coloro che avevano investito 300 milioni di euro per sovvenzionare Onorato si sono ritrovati tra le mani appena 45 milioni di valore del titolo. Una disfatta. Ora, dunque, servono soldi, liquidi, per evitare l'affondo del Tribunale. E' per questa ragione che Onorato sta facendo l'impossibile per convincere qualcuno in giro per il mondo a cedergli in prestito altri denari. La società di analisi specializzata Reorg Research, unica che ancora segue le sorti finanziarie di Moby, dopo la decisione di Moody's di scaricare la compagnia per scarsa trasparenza, ha spifferato che l'Sos del proprietario di Moby e Tirrenia ha varcato anche i confini europei. La richiesta di aiuto è arrivata sul tavolo di Fortress, un fondo americano specializzato in salvataggi dell'ultim'ora. Analogo soccorso è stato chiesto anche a Clessidra, già artefice di un precedente intervento, e al fondo Europa Investimenti, con capofila un gruppo di Manchester. Il passaggio, però, non sembra aver entusiasmato i potenziali finanziatori alle prese con proposte che in molti giudicano irricevibili.

Boutade da Casinò

La boutade di Onorato è da puntata al casinò. Sul tavolo dei suoi "prestatori" di denari la proposta del patron di Mascalzone Latino è sembrata una puntata azzardata. A coloro che gli hanno affidato in prestito trecento milioni di euro propone di rimborsare le obbligazioni al 25% del loro valore nominale. Un vero e proprio sconto, a suo favore del 75%. Dei 300 milioni restituirebbe solo 75 milioni. Non andrebbe meglio alle banche. Secondo la proposta circolata nei summit i creditori bancari, per adesso, non vedrebbero indietro nemmeno un euro. La richiesta di Onorato è di un ulteriore dilazione con scadenza del prestito prorogata di altri 10 anni. In sostanza, anziché restituire i soldi nel 2021, arrivederci e grazie al 2031. Non gli hanno nemmeno risposto. Da allora nella trattativa regna il silenzio più profondo.

Navi svalutate

Peccato che gran parte delle navi di Moby e Cin sono ipotecate e il loro valore frana giorno dopo giorno. Sino allo scorso anno la flotta veniva valutata, forse con ottimismo, un miliardo di euro. Ora le cifre sono state riviste decisamente al ribasso. Le valutazioni a disposizione dei creditori parlano di un valore reale di 449 milioni di euro, 174 milioni le navi di Moby e 275 quelle di Cin-Tirrenia. Tutto sommato, commentano gli obbligazionisti, meglio lasciar far ai giudici. Ad oggi l'ammontare del valore delle navi riuscirebbe a coprire più del 50% del dovuto. Le variabili, però, non sono poche. Oltre alla decisione del tribunale fallimentare di Milano, sulla vicenda Moby Tirrenia si addensano le nubi sul nuovo regalo di Stato a Onorato con la proroga della convenzione concessa nell'ultimo provvedimento pro-pandemia.

Proroga & Authority

La decisione di prolungare la convenzione della Compagnia Italiana Navigazione, Tirrenia, sino al febbraio del 2021, nonostante da otto anni si sapesse della conclusione a luglio del 2020, ha fatto accendere i riflettori all'Unione Europea, l'Autorità nazionale anticorruzione e all'Autorità regolatrice dei Trasporti. Tutti e tre gli organismi di controllo si erano espressi in maniera durissima contro l'ipotesi di proroga. Il governo, invece, ha concesso molto di più, regalo su regalo. Prima ha spostato le ipoteche, decise dal Tribunale di Roma, per il mancato pagamento dei 180 milioni per l'acquisto della Tirrenia, dai soldi liquidi disponibili in banca alle navi e, poi, ha concesso, contro ogni parere, un ulteriore proroga della convenzione per altri 30 milioni di euro.

Bruxelles indaga

Gli uffici di Bruxelles hanno già messo nero su bianco una prima risposta a chi si è opposto a quella proroga sulla testa della Sardegna: "la Commissione ha ricevuto la vostra denuncia e sta attualmente indagando". L'Anticorruzione, invece, ha messo le cose in chiaro con una missiva al Dipartimento per i Trasporti e la Navigazione del Ministero dei Trasporti, che ha, tra l'altro, sostituito recentemente il direttore Mauro Coletta, con una delle protagoniste della proroga, Maria Teresa Di Matteo.

Anticorruzione e le carte

L'Autorità ha scritto: "la direzione generale non è in possesso degli atti e dei documenti relativi alla proroga della concessione prevista dall'articolo 205 del Decreto Rilancio, né alla sua esecuzione concernenti l'erogazione dei contributi pubblici per il periodo successivo alla scadenza originaria" della concessione a favore di Cin-Tirrenia.

Strage Moby Prince

Non tutto, però, finisce qui. A Livorno si è riaperta una ferita mai rimarginata su una delle più grandi stragi di Stato, quella della Moby Prince. La Procura, infatti, starebbe andando avanti sul reato di strage, unico non prescritto. Secondo un documento agli atti il disastro della nave che doveva raggiungere Olbia nel lontano 10 aprile 1991 sarebbe da ricondursi ad una rete di traffici illegali di armi, scorie e rifiuti tossici che avvenivano nella rada di Livorno attraverso associazioni a delinquere di stampo mafioso. L'inchiesta, a questo punto, potrebbe finire sul tavolo della Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze. Un altro capitolo della storia infinita dei collegamenti via mare da e per la Sardegna.

Mauro Pili

© Riproduzione riservata