Sulla cosiddetta autonomia regionale differenziata, chiesta da Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna, si sta determinando un clima da "golpe tecnico", come scrive il sito ROARS, «in cui decisioni riguardanti tutti gli italiani sono rimesse nelle mani di pochi esponenti dell'esecutivo e dei tre governi regionali interessati».

Esiste una bozza d'intesa, anzi una bozza pressoché identica per ciascuna Regione, sottoscritta il 16 maggio dal presidente del Consiglio Conte coi tre governatori (Fontana, Zaia e Bonaccini), che attualmente è oggetto di discussione nelle segrete stanze del Governo. I documenti di lavoro sono stati sinora occultati al pubblico dibattito. Né studiosi né cittadini hanno avuto modo di consultarli nel dettaglio. Tuttavia, dalle bozze circolate in via informale, si intuisce la gravità del processo in atto del regionalismo differenziato. La situazione di segretezza si è spinta sino al punto da pretendere, da parte della Lega, che il testo che verrà approvato dal Consiglio dei ministri diventi inemendabile in Parlamento.

I presidenti di Lombardia e Veneto la mettono così: «Ormai è tutto pronto, è solo una scelta politica». Per fortuna i 5Stelle si sono messi di traverso, sennò il golpe della Lega sarebbe stato già approvato con decreto-legge e magari in Parlamento con la fiducia. Sinora Di Maio si è opposto: «Sento tanto parlare di autonomia, e va bene, l'hanno chiesta i cittadini di Veneto e Lombardia, e la Regione Emilia-Romagna, ed è nel contratto di governo, però dobbiamo ricordare che in Italia non serve un ulteriore divario tra Nord e Sud».

«E l'unico modo per affrontare l'autonomia - ha proseguito Di Maio - è elaborare soluzioni per il Sud. Serve un grande piano». I sindacati sono sul piede di guerra. In particolare, la Cgil considera i testi sottoscritti il 16 maggio, ora pubblicati dal sito ROARS, come «irricevibili, inaccettabili e da respingere senza alcuna incertezza». Scuola, sanità, ricerca, infrastrutture, beni culturali, ambiente, professioni, previdenza integrativa, sicurezza sul lavoro, per citare le principali, ma anche altre competenze per un totale di 23 per il Veneto, 20 per la Lombardia e 16 per l'Emilia-Romagna, passerebbero dallo Stato alle Regioni. Se non si tratta della frantumazione dello Stato, poco ci manca.

Le bozze d'intesa in questione - riferisce Alberto Zanardi dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio nella sua audizione in Parlamento del 10 luglio scorso - non esplicitano alcun criterio «in materia di solidità delle finanze e di capacità amministrativa delle Regioni richiedenti, sulla base delle quali valutare l'ammissibilità delle singole istanze di autonomia rafforzata. La giustificazione della richiesta di nuove competenze da parte delle tre Regioni viene liquidata all'articolo 1 con una scarna affermazione, identica per tutte le tre bozze d'intesa, secondo cui "l'attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia corrisponde a specificità proprie della Regione e immediatamente funzionali alla sua crescita e al suo sviluppo"». Troppo poco per giustificare lo scardinamento dello Stato centrale e sostituirlo, alla leggera, con un federalismo improvvisato.

I criteri di accesso al regionalismo differenziato, invece, secondo Zanardi, dovrebbero «essere fissati ex-ante in una legge-quadro di attuazione del dettato costituzionale - da verificare sulla base di analisi e valutazioni accurate e adeguatamente documentate». Altrimenti si corrono rischi di peggiorare le prestazioni fornite, di fare deficit nei bilanci regionali, di creare squilibri territoriali e conflitti di competenze, che potrebbero determinare ex-post il fallimento nella gestione delle materie trasferite alle Regioni.

Il problema, inoltre, è anche finanziario, in particolare per il settore della scuola, che vale 4,6 miliardi in Lombardia, 2,3 in Veneto e 2,1 in Emilia-Romagna, e complessivamente 27,5 miliardi se tutte le Regioni a statuto ordinario richiedessero questa competenza. Occorre perciò più cautela e trasparenza, per prevenire un salto nel buio.

Beniamino Moro

(Docente di Economia politica, Università di Cagliari)
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