A Roma si è aperta ieri la Conferenza internazionale sulla Libia. Lo spazio geopolitico di cui si discute non è solo quello di un Paese che dalla caduta del Colonnello Gheddafi (2011) a oggi non trova pace, sul tavolo della politica globale c'è molto di più, l'Africa e lo spazio del Mediterraneo.

Questa è la dimensione di cui dobbiamo tenere conto quando si parla di Sardegna, la nostra terra. Essere isola, non significa essere isolati, essere singolarità - e lo siamo - non vuol dire isolarsi.

Emilio Lussu ricordava che in qualsiasi parte del mondo sia un sardo avrà sempre la Sardegna sotto i piedi. Spesso quando siamo a casa, nella nostra piccola patria, lo dimentichiamo.

La guida del nostro vivere è racchiusa in una frase bellissima del filosofo Immanuel Kant: "Il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me". È da questo matrimonio di elementi che nasce l'identità, il "noi" che improvvisamente riconosciamo quando camminiamo nel paesaggio della nostra terra. Non occorre neppure guardarla, la sentiamo.

Avere la Sardegna sotto i piedi è questa fusione tra sopra e sotto, dentro e fuori, tra la nostra isola, la nostra persona infinita e lo spazio reale e immaginario del Mediterraneo. Mi chiedo se la futura classe dirigente dell'isola, quella che si prepara al voto per una nuova assemblea regionale, abbia mai riflettuto sulla dimensione in cui è immersa la Sardegna, il suo spazio geopolitico, il Mediterraneo.

Qui si gioca una delle partite della contemporaneità, la sfida per il controllo delle rotte commerciali, la difesa e la sicurezza, l'Africa e la demografia, l'energia, la stabilità nel vicino Oriente. Guardate la mappa: a Sud, oltre l'orizzonte marino, ci sono subito le coste della Tunisia e dell'Algeria, poco più in là, verso sud est, c'è la Sicilia e poco dopo il profilo della costa libica. A Est siamo proiettati verso la Spagna, la penisola iberica e lo Stretto di Gibilterra (le colonne d'Ercole), là si affacciano le bianche città del Marocco. A Ovest, guardando verso il Mar Tirreno, c'è lo stivale dell'Italia, a Nord, oltre la Corsica, emerge la Costa Azzurra, la Francia. Questo è il nostro spazio vitale. Sotto e sopra questo spazio scorrono le Reti del presente: migliaia di navi cargo, petroliere e gasiere, entrano ed escono dal Mediterraneo attraverso il canale di Suez, il Bosforo, lo stretto di Gibilterra. Cavi sottomarini trasportano l'elettricità e i dati di internet, oleodotti e gasdotti ci connettono con le nostre fonti primarie energetiche. Queste ramificazioni sono il campo da gioco della geopolitica, il Rikiso degli Stati, la potenza delle nazioni. Immaginare la politica della Sardegna lontana da tutto questo è un'illusione e un errore. L'isola ha bisogno di connessioni, relazioni, reti, diplomazia, intelligenza.

La Francia che cerca il dominio del Mediterraneo per noi è una sfida, la sicurezza del Nord Africa e la demografia sono una problema di cui ci dobbiamo occupare perché il problema si sta già occupando di noi, la transizione energetica che va dal petrolio al gas è lo scenario presente, la digitalizzazione delle imprese, la necessità di avere reti e uno spettro elettromagnetico efficiente e sicuro sono fondamentali per le imprese, le famiglie, le istituzioni, l'università e la ricerca.

Un tempo si diceva che l'isola è uno svantaggio competitivo. Non lo è più, le nostre condizioni naturali sono in realtà eccezionalmente favorevoli, perché siamo letteralmente "in mesu a tottu", al centro di questo sviluppo di reti e possiamo essere non solo il "ponte" ma la "casa" di questa trasformazione. Per farlo, occorrono coraggio, immaginazione, cultura. La Sardegna va al voto, i sardi devono poter scoprire, scegliere e creare il loro futuro. Nessuna tra le forze politiche in campo - e ci spiace sommamente - finora ha espresso un'idea sul nostro Essere nel Mediterraneo. L'isolamento comincia dall'assenza di cultura e immaginazione. Noi desideriamo e cerchiamo un nuovo inizio.

Mario Sechi

(Giornalista, direttore di List)
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