Ha fatto molto discutere il caso della cameriera robot a Cagliari, con un vivace dibattito scaturito sull'opportunità o meno di dar seguito a una semore maggiore "automazione" nel lavoro e nei servizi.

Tuttavia in Sardegna, secondo uno studio realizzato da Confartigianato, a vincere sono ancora mani, testa e relazioni umane.

Secondo il dossier, realizzato sui dati del 2018 di Istat e Ocse, nell'Isola, su un totale di 212.670 addetti che operano nelle attività produttrici, solo il 25,1% (71.118 lavoratori) sarebbe a "rischio automazione"; la percentuale arriva al 35,6% nelle imprese artigiane (22.277 addetti su 62.560).

"Quello dell'automazione al posto del lavoro manuale, è un mantra che, giustamente, si sente spesso ripetere - commenta Antonio Matzutzi, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna - visto l'impatto che la tecnologia ha avuto dalla fine del '700 a oggi nell'impiego di manodopera umana. Le piccole e medie imprese sarde, però, hanno gli anticorpi: il lavoro dell'uomo, la sua esperienza e le sue capacità, anche manuali, si rendono indispensabili in molti ambiti e filiere produttive".

Secondo il dossier di Confartigianato, i territori che presentano una situazione simile a quella della Sardegna (basso rischio, medi anticorpi), sono Liguria, Valle d'Aosta, Sicilia, Calabria e Campania. Livelli di anticorpi più alti in Lombardia, Toscana e Marche, mentre in Friuli, Trentino, Emilia Romagna si associa anche una situazione di rischio maggiore.

Infine, alto rischio e bassi anticorpi, in Puglia, Molise e Basilicata. "Una sfida, quella tra automazione e artigianalità - conclude Matzutzi - che le imprese sarde potranno affrontare solo investendo sulla formazione specifica, accrescendo le competenze richieste dal mercato (soprattutto per quanto riguarda i servizi alla persona), ma anche le competenze informatiche da abbinare a qualsiasi competenza".

(Unioneonline/v.l.)
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