Maurizio Landini è il nuovo segretario generale della Cgil.

Nato a Castelnuovo ne' Monti nel 1961, quarto di cinque figli e papà ex partigiano, da piccolo sogna di diventare un calciatore ed è gran tifoso del Milan.

Una delle due cose che ha in comune con Matteo Salvini, l'altra è l'amore per le felpe, di cui anche l'ex segretario della Fiom faceva un uso anche eccessivo, almeno fino a un anno fa.

Abbandona gli studi e inizia a lavorare come apprendista saldatore sin dall'età di 15 anni. È un comunista e non lo ha mai rinnegato. Si iscrive al PCI tra il 1984 e il 1985, negli anni dello scontro sulla scala mobile, e poi diventa delegato della Fiom.

E proprio nei metalmeccanici della Cgil inizia una lunga scalata, che lo porterà nel 2005 ad entrare nella segreteria, nel 2010 a diventare segratario nazionale.

Segue numerosi tavoli di crisi, e prende una posizione forte su due casi in particolare. Interviene pubblicamente sul caso della Thyssen Krupp e dei sette operai morti in seguito a un incendio nello stabilimento di Torino: quando vengono condannati i vertici dell'impresa (nel processo la Fiom si era costituita parte civile) parla di "sentenza storica".

Anche su Ilva prende una posizione dura contro i vertici dell'azienda, chiedendo ai Riva di investire il denaro necessario per mettere a norma lo stabilimento. Quando il gip di Tarano, nel 2012, ordina il sequestro di sei impianti dell'azienda siderurgica, un suo intervento nella fabbrica riceve gli scroscianti applausi di migliaia di lavoratori.

Il resto è storia recente. Fino a un anno fa era difficile scommettere che potesse diventare segretario della Cgil, e su proposta della stessa Camusso.

Non ha votato per Camusso segretaria, è il capo della sinistra interna alla Cgil, aveva bocciato tutte le scelte della Cgil.

Frequentava tutti i salotti televisivi dove attaccava duramente il governo Renzi e le scelte della Cgil, proponeva le primarie per scegliere il segretario generale del sindacato.

E nel 2015 lanciava la Coalizione Sociale, un soggetto politico-sindacale che riceveva l'appoggio di numerose personalità della sinistra. Sembrava il preludio a una discesa in campo, poi la svolta.

A facilitarla anche la Cgil, che rompe definitivamente con Renzi sul jobs act e sul referendum costituzionale consentendo a Landini di riavvicinarsi. A fine 2016 firma con Cisl e Uil il contratto di lavoro dei metalmeccanici (non succedeva dal 2008). Poi lascia la Fiom e, su proposta della Camusso, entra nella segreteria nazionale della Cgil.

È il preludio all'attuale nomina. Landini diventa meno presenzialista in tv, dismette la felpa Fiom e dà di sé stesso un'aria più moderata.

Da oggi nella Cgil inizia la sua era. Inizierà a mettere le cravatte? Finora l'ha indossata solo una volta (rigorosamente rossa), per la firma di un accordo sul rilancio della Whirpool a Palazzo Chigi, nel 2015.

(Unioneonline/L)
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