Lapponia finlandese, primi anni del Novecento. Una bambina assiste ai cambiamenti che sta attraversando la società del suo Paese nel periodo a cavallo della Prima guerra mondiale. Il Paese, infatti, è diviso tra nazionalisti, che mirano all'indipendenza dalla Russia a tutti i costi, e comunisti, che vogliono mantenere i legami con il grande vicino dove, nel frattempo, è scoppiata la Rivoluzione bolscevica. La giovane protagonista respira in casa l'aria del nazionalismo più sfrenato e si imbeve di ideali secondo i quali solo un uomo forte può guidare una nazione e magari il mondo. Diventata grande riconoscerà quest’uomo in Adolf Hitler e vedrà i propri ideali realizzati nella dottrina nazista.

Soprattutto la giovane troverà nel Colonnello, persona autoritaria, violenta e di molti anni più anziana di lei, la propria guida nella vita. Si legherà a lui, diventandone succube e intrecciando per decenni un rapporto morboso e ossessivo che la condurrà molto vicino all’autodistruzione. Accanto al Colonnello vedrà scorrere davanti ai suoi occhi la storia del suo Paese e dell’Europa – dall’avvento di Hitler alla Seconda guerra mondiale, passando per i lager della Polonia – senza percepire fino in fondo la violenza e l’abbiezione che la circonda, senza capire completamente quanto è parte dell’anima più nera e spietata del Novecento. Fino a un inaspettato risveglio che regalerà alla donna una seconda vita.

Ispirato alla vicenda reale della scrittrice lappone Anniki Kariniemi (1913-1984), La moglie del Colonnello (Iperborea, 2020, pp. 324, anche e-book) della scrittrice finlandese Rosa Liksom è un romanzo potente e sincero su quanto il male possa essere banale, quotidiano, fino a diventare parte integrante della vita non solo delle persone ma anche di intere nazioni. Vediamo così la protagonista del libro, di cui non scopriamo mai il nome e che è possibile identificare solamente come “"a moglie del Colonnello", attraversare gli anni più drammatici del Novecento europeo come una sonnambula, incapace di rendersi conto completamente dei mostri che le si annidano nell'anima e che fisicamente la circondano.

Solo sull'orlo dell'abisso, la protagonista ritrova la propria umanità sotto forma di puro istinto di sopravvivenza. Questo istinto la guida verso un capitolo nuovo della propria vita dove però non c’è spazio per la redenzione e neppure per l’espiazione. Trova spazio solo il racconto di quanto vissuto e di quanto visto.

Un racconto crudo, accurato, spiazzante e sincero. Un racconto che diventa testimonianza, presa di coscienza, assunzione di responsabilità da parte di una persona che ha visto tutta la malvagità possibile sfilare sotto i suoi occhi immaturi e che cerca di dare un senso alle sue ferite e a quelle dell’intera nazione finlandese. Una nazione, che al pari della protagonista, ha cercato una propria identità vendendo l'anima al diavolo.
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