Sono passati trent'anni dalla morte di Cesare Zavattini, uno dei più grandi nomi del Neorealismo.

Suoi i soggetti, poi realizzati da Vittorio De Sica, di "Sciuscià", "Ladri di Biciclette", "I bambini ci guardano", per dirne solo alcuni.

Ma la sceneggiatura è stata solo una parte dall'immenso bagaglio di esperienze di quest'uomo che ha attraversato il Novecento da protagonista, e che è stato anche pittore, teorico del cinema, giornalista, scrittore, autore di programmi radiofonici e televisivi, di commedie teatrali, di poesie in dialetto luzzarese, inventore di nuove forme di cinema e di documentario.

Un uomo sempre in cerca di qualcosa di nuovo, un pioniere di sperimentazione e fantasia, un architetto della parola, usata per comunicare la pace e la fratellanza tra gli uomini.

Nato nel 1902 a Luzzara, sulle rive emiliane del Po, negli anni '20 esordisce come giornalista e critico letterario, ma vive già una grande passione per il cinema, la "nuova arte". Negli anni '50 il cinema diventa il primo impegno, ma contemporaneamente porta avanti tutte le sue tante identità, e solo negli anni '80 sperimenterà il ruolo di regista, col suo ultimo film "La Veritààà!".

La Rai gli dedica un omaggio alle 22.40 su Rai Storia: "Mondo Za. I luoghi di Cesare Zavattini", un documentario dedicato ai luoghi della provincia padana come la sua Luzzara. Ed è lui stesso, con i suoi appunti e i suoi diari, con la sua voce e il suo dialetto, a "disegnare" una mappa concreta del suo mondo.

Il ruolo dello scrittore e sceneggiatore Cesare Zavattini all'estero, in tempi impregnati dal clima della Guerra Fredda e delle contrapposizioni ideologiche, sarà al centro invece della mostra "Zavattini oltre i confini", promossa dalla Fondazione Palazzo Magnani, Regione Emilia-Romagna, Comune di Reggio Emilia e Archivio Cesare Zavattini che prenderà il via il prossimo 14 dicembre nella storica sede di Palazzo da Mosto a Reggio Emilia.

(Unioneonline/D)
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