S e a suonare l'allarme è un giornalista serio e storico rigoroso come l'ex direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, io penso che, se avesse ragione, ci dovremmo preoccupare. In un'intervista a Radio24 Mieli ha ipotizzato che i problemi al governo di Mario Draghi potrebbero arrivare non già dalle aule parlamentari ma da inchieste della magistratura, sulla scorta di quanto già si è visto in passato per altri governi, da Prodi a Berlusconi. Perché? Per quali reati e chi li avrebbe commessi? Non si sa. Anzi, pare di capire, che trovare il reato non sarebbe un problema. Ad aprire una qualsiasi inchiesta potrebbe essere uno dei tanti giudici militanti vicini ai dissidenti 5stelle e armati dal sostegno giornalistico de “Il Fatto” di Marco Travaglio che si indigna all'ipotesi. È uno scenario credibile? Ci sono davvero magistrati così disonesti da voler condizionare un governo partendo da inchieste fondate sul nulla? Chissà. Però, se lo dice Mieli, citando esempi passati come l'inchiesta su Mastella e la moglie che provocò la caduta del Governo Prodi finita sì con la piena assoluzione ma dopo molti anni, c'è da riflettere. Mantenendo una ferrea fiducia in tutti gli organi dello stato, magistratura compresa, e nella buona fede dei giornalisti quando non si pongono, e succede troppo spesso, come soggetto politico, ma stando vigili. Perché, come diceva Andreotti, a pensar male talvolta ci si azzecca.

BEPI ANZIANI
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