L a lingua cambia, si evolve, accoglie parole nuove in processi che durano a lungo. I vocaboli un tempo rigorosamente maschili trovano facilmente una versione femminile. Non basta più cambiare l'articolo, bisogna cambiare la desinenza cosicché il sindaco diventa sindaca, l'assessore assessora e quasi nessuno storce il naso davanti a parole come magistrata o architetta. Un'evoluzione che nei secoli è sempre stata naturale oggi subisce una brusca accelerazione e diventa battaglia di principio e di emancipazione, di collocazione politica, di divisione fra conservatori e progressisti, di status sociale, che però spesso purtroppo si riduce a contrapposizione di donne verso altre donne, fra paladine del linguaggio di genere e quelle che pretendono la desinenza maschile quando occupano ruoli storicamente riservati agli uomini nonostante il vocabolario offra la giusta alternativa. E se segretario di un partito ha effettivamente un significato diverso rispetto al corrispondente femminile altra cosa è ostinarsi a definire direttore una direttrice. Intanto, specie nei discorsi pubblici, si fa sempre più attenzione al linguaggio di genere. Problemi che non esistono in altre lingue, come l'inglese, dove la stessa parola vale al maschile e al femminile e nessuno/a si è mai sentito/a discriminato/a. Mentre qui molti maschi preferiscono glissare, all'inglese, sull'argomento. Buon 8 marzo a tutte.

BEPI ANZIANI
© Riproduzione riservata