I n tutto il mondo le zone economiche speciali (conosciute con l'acronimo ZES) sono aree di attrazione di investimenti nei settori logistico, infrastrutturale e della produzione industriale. Aree di dimensioni ridotte che alcuni chiamano di “economia liberale”, in quanto assicurano procedure certe e rapide, vantaggi fiscali, adeguate infrastrutture.

Il concetto è semplice. Ma non per l'Italia, che ha istituito le ZES, con un decreto legge del 2017, per favorire le otto regioni del Mezzogiorno, tra cui la Sardegna. Da allora sono sopraggiunte varie norme senza però completare il quadro. Anzi, alcune di esse sono state emanate e poi abrogate. Di conseguenza sono venuti meno i relativi stanziamenti (come per il Piano grandi investimenti che era dotato di 300 milioni di euro).

In corso d'opera è anche mutata la governance delle ZES, affidata ora a dei commissari governativi che però non sono stati nominati (salvo quello della ZES calabrese). È dunque intervenuto il solito contenzioso costituzionale e le Regioni ci hanno messo del loro (la Sardegna non ha neppure completato l'iter istitutivo).

Nel frattempo, per non scontentare nessuno, sono nate le Zone logistiche semplificate (ZLS): omologo delle ZES (senza benefici fiscali) per le Regioni del centro-nord. E poi le Zone Economiche Ambientali (ZEA), istituite, sempre con decreto legge (numero 111/2019), nei parchi nazionali.

Anche qui, ci sarebbero i fondi (40 milioni) ma l'iter istitutivo è incompleto. Insomma, un vero e proprio labirinto normativo con un complicatissimo regime fiscale, già disallineato rispetto alla durata delle ZES (3 anni di benefici, 7 anni la vita delle ZES, salvo proroghe); per di più ancorato al precedente bonus sud del 2016, che risulta tassabile. Ciò significa che sul beneficio fiscale, qualificato come reddito, si pagano le imposte. Inoltre, il credito di imposta ZES non si applica, tra le altre, alle attività produttive nei settori carbonifero, siderurgico, della logistica e dei trasporti, della cantieristica navale, della produzione e distribuzione di energia: dato a dir poco paradossale. Da ultimo, con la legge di bilancio 2020, arrivano ulteriori incentivi. Ma non sulle ZES, così diminuendo l'attrattività specifica di queste ultime rispetto agli altri territori. È invece prevista la cumulabilità tra crediti di imposta (bonus sud e Industria 4.0) con caratteristiche divergenti. Infatti, il bonus “Industria 4.0” non sconta imposte. Non parliamo poi della durata degli incentivi, esigua e affidata all'alea delle solite proroghe di fine anno. Insomma, più che un quadro normativo chiaro e definito, quello appena tratteggiato sembra un rompicapo. Altro che economia liberale: lo Stato tiene in ostaggio l'investitore con regole pletoriche e adempimenti burocratici. E distribuisce incentivi a singhiozzo, com'è abituato a fare con un sistema produttivo ormai prono e dipendente, in perenne attesa dinanzi a un semaforo bloccato sul giallo. Tanto varrebbe decretare la morte delle ZES e rifarle daccapo. Come nel noto brocardo medievale francese usato per accogliere in tutta fretta, alla morte del re, il suo successore: “Le Roi est mort, vive le Roi!”.

ALDO BERLINGUER

UNIVERSITÀ DI CAGLIARI
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