M atteo non mangia Matteo come cane non mangia cane. Questa era la teoria di molti grillini preoccupati che il fiorentino salvasse il leghista dalle grinfie dei magistrati. Invece, dopo averlo scagionato in giunta con un implicito “stai sereno”, il leader di Italia Moribonda, con una piroetta da palcoscenico, lo ha impallinato in aula. Politicamente troppo giovani, i pentastellati, per capire le sue sofisticherie, le astruserie, i paradossi. Renzi considera toscanamente bischeri non solo i suoi avversari ma anche gli alleati, che per lui sono tali soltanto occasionalmente. Sulla scena nazionale da oltre un decennio, ha dimostrato d'essere un politico d'assalto, pronto alla razzia, incapace però di gestirne i frutti. Come incursore avrebbe fatto carriera nella Decima Mas. Le sue scorrerie lo portarono sulla vetta del Pd e nelle sale di Palazzo Chigi. Chi si trovava sulla sua strada fu rottamato, segato, sgarrettato. Raccolto un copioso gruzzolo di voti a 80 euro l'uno, entrò in Europa come in un saloon spingendone con irruenza le porte basculanti. A Bruxelles ne capirono l'indole smargiassa e lo tollerarono ritenendolo uno di passaggio. Ora, per dimostrare una residua vitalità, Matteo ha mangiato Matteo: un sussulto scomposto e rancido, una ribollita toscana andata a male.

TACITUS
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