P uò salvarsi un Paese in cui fare la respirazione bocca a bocca è vietato per legge? Qui non si parla solo di un dettaglio evocativo e paradossale, ma di un interrogativo sul sistema-Paese. Le domande - infatti - non sono mai retoriche, quando si gioca con i simboli, ed evidentemente, a chi ha scritto questo decreto (e soprattutto questa norma) deve essere sfuggito che con la multa al soccorritore si rischia il ridicolo.

Pensate ad un uomo che salva una bambina dal mare e subito dopo la assiste sulla spiaggia: è vero che se non fa la respirazione non rischia il contagio, per la gioia del comitato tecnico scientifico. È vero che se non fa la respirazione lui stesso non rischia di essere contagiato, per la gioia dei virologi al potere. Ma poi se la bambina muore, che senso ha aver osservato ottusamente questa profilassi letale? Quale salvataggio che fino a ieri definivano “eroico” non comporta nessun rischio?

Ecco, l'Italia che in queste ore studia il decreto riga per riga, in cerca di risposte alle sue domande sul proprio futuro, assomiglia a quella bambina, sospesa fra morte e salvazione. Ovviamente bisogna vedere anche quel che c'è di buono, in questo testo.

I l decreto del governo ci regala qualche speranza, ma ci pone anche dei problemi che proverò a illuminare. I primi nodi, lo sappiamo, sono quelli che si creeranno a breve sul piano economico: Gualtieri ha aperto i rubinetti dei finanziamenti e dei susssidi, anche quelli che fino ad adesso erano bloccati. Ha mostrato capacità di correzione in corsa, e questo è utile, soprattutto per alcune banche che fino a ieri facevano orecchio da mercante alle richieste di liquidità (speriamo che da domani cambino passo). Arrivano tante risorse, e molti sgravi, e purtroppo dobbiamo sapere che tutto questo ha un costo, perché il nostro debito - secondo le previsioni dello stesso Mef - esploderà entro un anno al 153% del Pil. Il che significa che la trattativa con l'Europa sui Recovery bond rimane una spada di Damocle sospesa sulle nostre teste: se arrivano i finanziamenti possiamo sostenere il peso di questo enorme debito. Se i paesi del nord Europa dicono di no, dopo questa manovra balleremo, e molto.

Ma il problema è un altro: se sul piano dell'assistenza finalmente la parte produttiva del Paese, oggi in ginocchio, ha degli elementi di speranza a cui aggrapparsi (la reiterazione dei 600 euro, i finanziamenti alle imprese in calo di fatturato, gli sgravi per la ristrutturazione, il differimento delle imposte, tanto per dire) sul piano sanitario proprio non ci siamo. Non si tratta di un dettaglio, ma dello stesso problema: che senso ha provare a salvare l'Italia dal naufragio della crisi, se poi non si ha il coraggio di correre il rischio della respirazione bocca a bocca? Tradotto nel concreto: il governo ha preso per oro colato le richieste del comitato scientifico, e il risultato o sono follie come i regolamenti sui tavolini dei bar a quattro metri, le sanificazioni delle chiavi dei bagni negli stabilimenti balneari (ma questi l'hanno mai vista una spiaggia?), l'obbligo dei due dipendenti per cliente, e la persistenza della chiusura della scuola (mentre in tutta Europa riapre). La fantasia del comitato tecnico del ministero ha prodotto l'obbrobbio della “biscuola”, terrificante invenzione linguistica che il ministro Azzolina ha avuto il merito di archiviare. Tuttavia il commercio ricomincia a correre con la zavorra ai piedi, il turismo è in ginocchio, alcune misure di protezione sono sinceramente demenziali. Ma i medici non sono più unanimi: proprio i clinici che hanno guardato in faccia il virus (ad esempio il professor Clementi del San Raffaele) ci dicono che «ha perso di violenza». Secondo un altro suo collega, il professor Zangrillo, «è meno aggressivo e ci possiamo convivere. Nel comitato scientifico non c'è nessuno che sia stato in corsia». Sarebbe in caso che i medici che stanno decidendo del nostro futuro, invece di discettare sui metri e sul plexiglass in spiaggia, accogliessero qualcuno che è stato in trincea. Altrimenti la bambina che stiamo soccorrendo con 55 miliardi, che si chiama Italia, rischia di morire comunque.

LUCA TELESE

GIORNALISTA

E AUTORE TELEVISIVO
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