B eppe Grillo, vero e indiscusso ideologo del movimento 5 Stelle, ha deciso di infiammare il dibattito sulla riforma elettorale proponendo di togliere il diritto di votare agli anziani. La dichiarazione ha sollevato un indignato e unanime coro di protesta da parte degli over 70 e di coloro che ritengono i cosiddetti “anziani” portatori di saggezza in quantità più massicce rispetto a “giovani” e meno giovani. La proposta va dunque classificata fra le provocazioni tipiche della narrazione grillina, in grado di accendere una dialettica politica povera di contenuti, basata su una contrapposizione riconducibile al risentimento sociale più che alla complessità.

In realtà, la questione sollevata dal comico genovese non è di poco conto, soprattutto alla luce della speculare iniziativa di riconoscere il voto agli under 18, avanzata da Enrico Letta e da altri esponenti del Pd, che vorrebbero elevare a rango di elettori tutti i cittadini a partire dall'età di 16 anni. La duplice ipotesi di includere i più giovani ed escludere i più vecchi, ci autorizza ad avanzare un interrogativo, ovvero se sia lecito o meno chiedere a un elettore di essere consapevole in merito a una scelta che condizionerà l'andamento di un'intera nazione. Ribaltando proprio il principio movimentista che “uno vale uno”, è giustificato chiedersi se il voto di coloro che seguono il dibattito politico e lo approfondiscono, debba essere assimilato a quello di quanti ignorano del tutto i principi fondamentali della costituzione e non sviluppano alcun ragionamento sui vari indirizzi politici che determinano la guida del paese? (...)

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