I l caso Palamara che sta investendo come un uragano il Consiglio Superiore della Magistratura svela un mercato delle poltrone, con magistrati l'un contro l'altro armati, tra veleni e stilettate, e un uso del processo penale come strumento di risoluzione di lotte intestine, garantendo l'impunità agli amici e minacciando di denuncia gli avversari. Insomma, una resa dei conti tra magistrati senza precedenti, che incrocia la questione giustizia con la questione morale.

Già in passato allarmava il fenomeno delle cosiddette “porte girevoli” per i magistrati che scendono in politica, facendo una precisa scelta di campo, e poi tornano in magistratura. Ma la degenerazione che sta emergendo dalle intercettazioni pubblicate è ben più grave. Intendiamoci, vale anche per il dottor Palamara e gli altri indagati la presunzione di innocenza e i gravissimi fatti trapelati sui giornali dovranno essere dimostrati in un giusto processo e al di là di ogni ragionevole dubbio. E si deve riconoscere che è grazie al fondamentale ruolo dell'informazione, indispensabile in una democrazia, persino su fatti non penalmente rilevanti ma di pubblico interesse, che si è scoperchiata la pentola del malaffare.

Certo, dalle intercettazioni emerge di tutto: chiacchierate, vanterie, relazioni sentimentali, progetti, scherzi, persino ogni più recondito sospiro della vita di ciascuno di noi. Ma questo è il risultato dell'avvento del trojan, un micidiale strumento che, in questo caso, ha avuto il merito di rivelare a che punto arriva il carrierismo tra le toghe. (...)

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