P er molti, il Covid-19 è il primo nemico invisibile.

Mai prima d'ora, infatti, le nuove generazioni hanno avuto a che fare con un pericolo microscopico, capace di stravolgere le abitudini del mondo e mettere a rischio la vita stessa, procurando ansia e preoccupazione.

Al contrario, coloro che sono nati all'inizio degli anni Ottanta (o prima) ricordano bene la paura che l'esplosione di un reattore nella centrale nucleare di Chernobyl portò in tutta Europa, per un lungo periodo, a partire dal 26 aprile 1986: esattamente 34 anni fa.

La Russia d'allora cercò di minimizzare il dramma, ma, nelle settimane successive, il vento diffuse la radioattività in tutta Europa: e si temette la pioggia. Anche qui, in Sardegna, si preferì tenere i bambini in casa e molte famiglie comprarono per mesi e mesi verdure surgelate: astenendosi dal consumare quelle fresche, che avrebbero potuto essere contaminate.

Trentaquattro anni fa, come ora, un nemico invisibile proveniente dall'Est turbò il nostro sonno.

Anche allora la verità sull'origine del dramma rimase a lungo nell'ombra e il numero delle vittime, legato all'interpretazione dei dati, resta, a tutt'oggi, un rompicapo irrisolto. Al centinaio di morti accertati, infatti, Greenpeace oppone una stima di milioni di decessi su scala mondiale: in proiezione, nel corso di settant'anni. Probabilmente a causa del gran numero di tumori alla tiroide insorti, col tempo, soprattutto nei bambini che abitavano le zone prossime all'area del disastro, e probabilmente attribuibili all'esposizione alle radiazioni.

Fa tremare la notizia che un devastante incendio ha sconvolto proprio in questi giorni l'area circostante Chernobyl bruciando centinaia di ettari di bosco che avevano accumulato una gran quantità di elementi radioattivi. La radioattività delle zone circostanti, pertanto, è aumentata di ben sedici volte: riattizzando la paura per un nemico mai del tutto sconfitto.
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