L e case. In queste settimane difficili tutti noi ci troviamo ad abitarle intensamente. In molti vivono questa clausura come una punizione. Altri riescono a trasformarla in un'esplorazione delle aree meno frequentate: le cantine e gli sgabuzzini. Quei luoghi che i più ironici chiamano “refugium peccatorum”.

Non c'è mai tempo per occuparsene. La vita, con il suo travolgente scorrere, li esclude dalla quotidianità, relegandoli al ruolo di custodi del passato. Qui, di solito, si trovano: uno scatolone con tutte le cartoline ricevute nell'arco di una vita, le videocassette (nostalgicamente conservate, ma ormai in disuso), una scatola piena di Polaroid sempre più sbiadite e, magari, anche i fimini “Super 8” (il proiettore funzionerà ancora?) oltre a una miriade di memorie personali.

Confidando nel potere catartico del riordino, Anna (cagliaritana, classe 1947) si avventura tra gli scaffali del suo sgabuzzino e comincia a viaggiare, navigando fra i ricordi.

A commuoverla più di tutto è un'elegante scatola bianca, ingrigita dal tempo.

“Tipografia Doglio” c'è scritto in un corsivo stiloso. E, poi, più in piccolo: Largo C. Felice 28.

Con emozione Anna la apre e vi ritrova, infragiliti dal tempo, ma ben piegati, i telegrammi di felicitazione ricevuti in occasione del suo matrimonio, celebrato nella Basilica di S. Saturnino il 29 giugno del 1974.

Ciascuno dei telegrammi ha un proprio numero e un timbro postale.

Tutti riportano un breve messaggio su striscioline di carta bianca incollate, ora dritte, ora storte.

“Vivissimi auguri”, “Tanta felicità”, “Molto lieta bella notizia”.

C'è anche quello proveniente dal Vaticano con gli auguri del Papa: “Ai novelli sposi Santo Padre con augurio di pace et prosperità auspica abbondanti favori celesti et invia implorata benedizione estensibile parenti et convenuti”.

Altri tempi, altri ritmi, altre parole. Gelosamente custodite: e ancora capaci di emozionare.
© Riproduzione riservata