Stare a casa. Ce lo hanno ripetuto mille volte: ed è giusto così, in fondo. Anzi, è indispensabile. L'epidemia va contenuta: altrimenti durerà a lungo e in tanti rischieranno di perdere la vita: soprattutto i più vulnerabili, ma anche i medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario che eroicamente sta gestendo l'emergenza imposta dalla pandemia.

Ce l'ha detto anche il calciatore Gianfranco Zola in un videomessaggio pubblicato sulla pagina Facebook del sindaco di Cagliari: «È necessario stare a casa».

Sì, ma come? Da reclusi? O esiste forse un modo per trasformare le mura domestiche in una risorsa inaspettata? È semplice, basta che la mente si allei con la fantasia e con la creatività per trasformare il tempo vuoto in pienezza, benessere e soddisfazione.

Allora ci si improvvisa giardinieri e, nell'angusto spazio dei balconi, si coltivano fiori, basilico e perfino pomodori. Si riscoprono film e letture dimenticate, si telefona a un amico d'infanzia e ci si dedica con pazienza a sciogliere quei nodi della vita rimasti trascurati perché nascosti dalla frenesia di una vita a cento all'ora.

Insomma, si vive a pieno il piccolo: si va a fondo, si riflette (un po' come fanno i monaci) e ci si migliora.

L'arte del riordino, poi, porta alla luce un'immensità di ricordi dimenticati: il pacchetto di cerini presi all'hotel “Le Dune” di Piscinas, l'incenso alle rose comprato a Rodi alla fine del secolo scorso (ma ancora profumatissimo), il quaderno di prima elementare custode di una grafia deforme e incerta, le spesse zollette di zucchero servite con la colazione sul treno notturno da Mosca a San Pietroburgo.

Sorrisi, nostalgia, tenerezza.

Il passato riaffiora a risvegliare in noi la voglia di nuove avventure, che potremo presto compiere: perché tutto a andrà bene, se ciascuno di noi agirà responsabilmente facendo la sua parte nel proteggere la comunità dalla diffusione del contagio.
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