È il 7 maggio del 1945 quando i cagliaritani ascoltano, primi al mondo insieme agli altri sardi, la notizia della resa dei tedeschi e, dunque, la fine del secondo conflitto mondiale: venti minuti prima della BBC e ben 6 ore prima di Radio Roma. L'allora sedicenne Francesco Cossiga dichiarò al riguardo: «Ero sintonizzato su Radio Sardegna per sentire musica à la page: Glen Miller e Artie Shaw ma anche l'orchestra di Radio Sardegna, con Giulio Libano, Franco Pisano e Fred Buscaglione. A un certo punto il programma si interrompe e una voce concitata annuncia: “Le forze armate tedesche si sono arrese agli americani… la guerra è finita. Solo venti minuti dopo ho sentito la stessa notizia su Radio Londra».

Una testimonianza senza bisogno di conferme le quali, comunque, non tardarono a giungere dalla nastroteca della Rai in via Asiago a Roma.

Ma non è tutto. Radio Sardegna ebbe anche il pregio di essere una delle prime (se non in assoluto la prima) “voce libera” dopo l'otto settembre 1943. «Qui è Radio Sardegna, voce dell'Italia libera al servizio del re». Iniziò tutto così, con una piccola radio da campo a Bortigali, racconta Romano Cannas, ex direttore di Radio Sardegna, nel libro illustrato “Radio Brada” pubblicato nel 2004 da RAI Eri e da lui curato per raccontare la storia della radio di noi sardi con dovizia di particolari e di testimonianze.

Fra queste spicca il ricordo di uno dei suoi sei fondatori, Jader Jacobelli, il quale, nella prefazione, ricorda: «Sono l'unico superstite di quel gruppetto di ufficiali che, subito dopo l'armistizio dell'8 settembre e la ritirata dei tedeschi dall'Isola, furono incaricati dal Comando militare sardo di improvvisarsi redattori radiofonici usando una trasmittente installata su un camion a Bortigali».

Ad approfondire è Vito Biolchini: «Si stava curvi, ad ascoltare. Di notte, magari con una coperta sopra a occultare apparecchio e orecchio. Perché ascoltare era proibito».
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