Protagonisti sul campo da calcio e protagonisti sul palcoscenico del Premio Navicella Sardegna: dopo essere stati avversari in Premier League, Gianfranco Zola e Eric Cantona si ritrovano a Porto Rotondo in occasione della cerimonia di consegna del riconoscimento ideato per celebrare i sardi nel mondo.

Sabato, durante la serata clou della 23esima edizione condotta dalla giornalista di Videolina (che sabato alle 21 manderà in onda la cerimonia) Egidiangela Sechi, “Magic Box”, sardo di Oliena, ha consegnato il premio, la navicella d’argento ispirata al famoso bronzetto nuragico, a Cantona, sardo d’origine per parte di bisnonni, di Ozieri e Torralba.

«Eric è sempre stato un degno avversario, quando mi è stato chiesto di venire a Porto Rotondo per premiarlo ho accettato subito», ha detto Zola, già Premio Navicella per lo Sport nel 2003, anno del passaggio dal Chelsea, con cui ha vinto due volte la Coppa d’Inghilterra e una Coppa di Lega, al Cagliari. «Quando arrivai al Chelsea, nel 1996, il Manchester United era la squadra da battere, e per me fu un piacere affrontare un giocatore unico, che aveva vinto quattro Premier in 5 anni. Ho imparato molto da lui, e aver scoperto che aveva sangue sardo nelle vene mi ha aiutato a perdonargli almeno un po’ i titoli che ci ha portato via».

Zola, infatti, ammette: «Non ero al corrente del suo legame con la Sardegna, ma quando l’ho saputo ho capito da dove nasceva la simpatia che avevo per Eric». Che ringrazia colui che definisce «una leggenda del calcio» e racconta: «I miei bisnonni sono emigrati dalla Sardegna nel 1913, quando mia bisnonna era incinta di mio nonno, che nacque a Marsiglia, dove sono nato anch’io: il mio carattere è questo anche grazie alle mie origini. La Sardegna è un posto magnifico, e la gente è molto tosta. Come lo sono io, a volte».

Come lo è stato Cantona nel calcio, uno dei numeri 7 più forti di tutti i tempi, anche nella Nazionale francese, dove un certo Michel Platini, dopo averlo convinto a non abbandonare il calcio (“Avevo perso la passione”, ammette Cantona), gli consigliò di lasciare il campionato transalpino per quello inglese. Era il 1992, ed Eric non aveva neppure 26 anni. «Feci un provino con lo Sheffield Wednesday, poi finii al Leeds». Il resto è storia del calcio. Anche se Cantona non è solo questo.

Archiviata anzitempo, a 31 anni, la carriera calcistica, l’ex attaccante («Ho iniziato come portiere in una partita che la mia squadra vinse 6-0, e dal momento che non toccai palla, e volevo giocare davvero, e non fare lo spettatore, cambiai ruolo», ricorda), noto per il temperamento caldo e il colletto alzato della maglia («Scaramanzia», dice) che hanno contribuito a renderlo un idolo, si è dato al cinema. Celebre la partecipazione nei panni del diplomatico francese in “Elizabeth”, con Cate Blanchett. Anche se lui ama ricordare l’esperienza con Ken Loach ne “Il mio amico Eric”. «Adoro suoi film, recitare con lui è stata una grande opportunità, perché è uomo eccezionale e un grande artista del cinema sociale», sottolinea Cantona. Che adesso ha una nuova passione: la musica. «Ho iniziato durante il Covid, a comporre e a suonare la chitarra. Mi diverte», commenta.

Dopo l’esperienza nel video di “Once” di Noel Gallagher (2020), in cui veste i panni di un sovrano – lui, che da giocatore era stato ribattezzato “Le Roi”, il re – è lecito aspettarsi da Cantona il primo singolo. Perché non lo anticipa, ma quando si presenterà l’occasione non si tirerà indietro. E chissà che non decida di girare il video nella “sua” Sardegna.

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