Per moltissimi il primo incontro con la sua maestosa sinfonia numero Nove, probabilmente è stato al cinema, con la celebre pellicola di Stanley Kubrick "Arancia Meccanica" (1971). Parliamo di Ludwig Van Beethoven, il grandissimo compositore tedesco di cui quest'anno si celebra il duecentocinquantesimo anniversario della nascita. E se c'è un musicista che ha contaminato con i suoi lavori la settima arte, questo è proprio "il sordo di Bonn": le citazioni della sua musica sono tante e spesso sorprendenti. Come in "Arancia Meccanica", appunto. Il film di Kubrick è tratto dal romanzo "A clock orange" di Anthony Burgess, in cui si racconta la vicenda di Alex, «un giovane i cui principali interessi sono lo stupro, l'ultra violenza e Beethoven». Ma è audace la scelta del regista di inserire la musica nella colonna sonora e proprio il quarto movimento della sinfonia che culmina con l'Inno alla gioia di Friedric Schiller; ma nel film ha un suono nuovo, elettronico, costruito con il sintetizzatore Moog di Wendy Carlos. La musica deve avere la stessa tensione che esplode con la violenza. Non è tutto. Kubrick, si sa, era un regista di scelte raffinate. Così quando la banda bussa al campanello della casa dove farà l'ultima violenta incursione, si sentono arrivare le prime note della Quinta sinfonia e Beethoven diceva che quel primo movimento altro non era che "Il destino che bussa alla porta".

Se si consulta il catalogo dei film on line, l'Imdb, il nome di Beethoven tra i compositori inseriti nelle colonne sonore ricorre 1540 volte. Lo segue un altro tedesco, Johann Sebastian Bach 1521. Per intenderci, il nostrano Giuseppe Verdi ha 762 crediti, ed Ennio Morricone, appena scomparso, 521. Come dire: Beethoven piace ai registi e la sua musica è perfetta per esaltare l'immagine. Per restare a Londra, anche nel "Discorso del re" (2010, diretto da Tom Hooper), una sinfonia del Maestro, la Settima nel secondo movimento, va in soccorso delle immagini, rafforzandole, dandogli quella potenza che da sole non avrebbero avuto. Che cosa sarebbe il viso di Colin Firth, nei panni del re balbuziente Giorgio VI che deve chiamare il suo popolo a resistere al nazismo, senza quella musica, un Allegretto, che porta le sue parole oltre gli inciampi della balbuzie? Alla fine il suo discorso sarà trascinante e lui sarà ricordato per la celebre frase: «Se tutti noi rimarremo risolutamente fedeli a questo, allora con l'aiuto del Signore riusciremo a prevalere».

Le dolcissime note di "Per Elisa", suonate all'arpa da una graziosa fanciulla, sottolineano in modo stridente, l'angoscia negli occhi degli schiavi appena passati di mano in "Django Unchained", il film di Quentin Tarantino del 2012.

Va da sé che "Il Pianista", uno dei capolavori del regista Roman Polanski, Palma d'oro a Cannes nel 2002, tratto dal romanzo autobiografico di Wladislaw Szpilan, abbia tanta musica. Racconta del dramma del pianista polacco, quando le truppe tedesche invadono il suo paese e gli ebrei di Varsavia vengono chiusi nel ghetto: sorprendono le note del compositore tedesco eseguite al piano, ma il brano scelto è Mondscheinesonate (Sonata per pianoforte numero 14), quel chiaro di luna che sembra cancellare ogni orrore.

La gioia della Sesta sinfonia, conosciuta come Pastorale, dà anima a Big Fish - Le storie di una vita incredibile, il film del 2003 diretto da Tim Burton. Molti anni prima, nel 1940, era stato Walt Disney con il film di animazione "Fantasia" a usare la musica per le sue immagini. E sempre la Sesta, (e non poteva che essere così, sottolinea il risveglio della natura dopo il temporale con le danze dei piccoli fauni, i voli dell'ippogrifo, le sgroppate dell'unicorno: basta il primo movimento, l'Allegro, a descrivere una giornata, dall'alba al tramonto.

Doveva essere l'anno dell'omaggio alla grandezza di Ludwig Van Beethoven. In Germania era stato preparato un calendario di appuntamenti lungo tutto il 2020, ma il Covid ha molto ridimensionato l'ambizioso programma. Eppure la potenza delle sue composizioni e l'immortalità della sua musica vive nel nostro quotidiano più di quanto non sappiamo. Il cinema, in questa microscopica carrellata, ce lo racconta bene.
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