Alla recente premiazione degli Oscar il chiacchierato nuovo film del regista di “The Square” intitolato “Triangle of Sadness” non ha collezionato nessuna statuetta. Sarà che, come al solito, i riconoscimenti conferiti da parte dell’Academy, per quanto a volte prevedibili, sono generalmente imperscrutabili; senza dimenticare il fatto che molti dei titoli in carica quest’anno hanno saputo distinguersi per gli alti valori qualitativi. Eppure, nessuno ha dimostrato una carica provocatoria, irriverente e - più nello specifico - di smaccata critica sociale come l’ultima fatica del cineasta svedese. Perciò, aldilà di pompose onorificenze che in fondo racontano sempre poco e trascurano molto, addentriamoci più nello specifico di questo incompreso capolavoro.

Scritto e diretto da Ruben Östlund, già in passato l’autore si è fatto notare con progetti quali “Forza maggiore”, commedia tendente al drammatico del 2014, e soprattutto con la già citata commedia nera “The Square”, grazie al quale ha ricevuto nel 2017 la Palma d’Oro al Festival di Cannes. 

In “Triangle of Sadness” ritornano alcuni elementi d’indagine della società borghese già parecchio approfonditi nel predecessore e qui esasperati oltre ogni limite, ma l’effetto scomodante e pruriginoso che ne scaturisce, per quanto a volte quasi insostenibile, si contiene sempre entro i bordi di una fruizione trascinante e a tratti perfino esilarante. Ciò anche considerando che il film ha una durata di circa due ore e venti minuti, un impegno comunque non da poco, anche per i cinefili più navigati. E anzi, proprio per quest’ultimo motivo si dimostra un’esperienza cinematografica d’altissimo livello: in esso risiede un potere quasi magico di coinvolgere, per tutta la sua durata, senza incespichi o intoppi di nessun tipo. Ciò è stato possibile grazie soprattutto a una sceneggiatura e a una struttura narrativa affinate all’inverosimile, con una divisione tripartita che favorisce e meglio contestualizza la visione. 

Molto spesso ultimamente la cultura pop ha puntato i riflettori sullo stereotipo di chi appartiene all’ “upper class”, con esperimenti anche molto riusciti quali ad esempio i film “The Menu”, “Parasite” o la recentissima miniserie “The White Lotus”. Sullo stesso tema ”Triangle of Sadness” dimostra di eccellere non meno dei titoli menzionati, anzi, forse accentuando ancor di più le discrepanze sociali e le insolubili criticità del contesto cui si fa riferimento. 

Pur non vantando solo nomi riconoscibili, tutto il cast del film si dimostra assolutamente vincente in ciascuna interpretazione. Ad impreziosirlo ancor di più è la presenza di Woody Harrelson, nel ruolo del capitano di crociera alcolizzato, e Harris Dickinson, nei panni di un giovane modello in vacanza insieme alla compagna Yaya, interpretata dall’attrice Charlbi Dean Kriek, anch’essa calorosamente apprezzata dalla critica e tristemente deceduta poco dopo aver terminato le riprese, all’età di soli 32 anni. 

Interamente realizzato nelle isole greche, le riprese son cominciate a marzo 2020 e si sono poi interrotte dopo 25 giorni e circa il 37% di girato totale a seguito della crisi pandemica esplosa in Europa; sono poi ricominciate nel mese di settembre ed ultimate dopo un periodo complessivo di circa 73 giorni. Finalmente pronto per l’anteprima mondiale il 21 maggio 2022 alla 75 edizione del Festival di Cannes, il titolo si aggiudica -  come già successo con quello precedente - la Palma d’Oro per il miglior film. In fondo, non proprio una magra consolazione vista la, comunque spiacevole, mancata vittoria agli Oscar. 

Giovanni Scanu

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