Si sa che il cinema di genere, storicamente, non è mai stato visto di buon occhio da parte dell’Academy, tanto che - nella migliore delle ipotesi - molti titoli incompresi hanno potuto aggiudicarsi giusto qualche premio tecnico. Pensando in particolare al genere horror questa triste consuetudine si dimostra particolarmente vera anche a fronte di nomi che, in un modo o nell’altro, hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia del media.

Prima del 1973 infatti, anno che ha premiato il film “L’esorcista”, nessun titolo attinente al suddetto genere aveva mai ricevuto una candidatura; anche con “Il silenzio degli innocenti” nel 1992 si è trattato, spiacevolmente, dell’eccezione che conferma la regola. Un’altra goccia nell’oceano è stata più recentemente quella di “Get Out”, vincitore del premio per la miglior sceneggiatura, che ha saputo aggirare i preconcetti e gli stereotipi dell’horror con un’efficace scrittura dalla forte impronta thriller.

Visto perciò quanto può farsi lunga la lista di vincitori mancati proviamo almeno ad immaginarne alcuni.

La mancata vittoria di Alfred Hitchcock alle premiazioni è una di quelle sicuramente più incomprensibili e immotivate nella storia degli Oscar. Il regista del brivido per eccellenza, infatti, casca dritto nella lista nera dei cineasti che, per ragioni ai limiti dell’assurdo, non hanno mai conseguito un’Oscar alla miglior regia. E per il suo “Psycho”, in fondo un film piccolo e arrangiato, non poteva che essere altrimenti. Solo il tempo e i risultati in sala sapranno riconoscere degnamente quello che oggi è inteso, a tutti gli effetti, come un autentico capolavoro. Pioniere nella figura dei killer mascherati, capace di unire le atmosfere tipiche del cinema iper violento a tinte più tradizionaliste provenienti dal gotico - che si percepiscono soprattutto nella seconda fase del film, fra le stanze di casa Bates - un film che, più in generale, rimarrà eterna base di riferimento aggiudicandosi quattro candidature all’Oscar senza tuttavia vincerne neppure uno.

In effetti, proprio dopo quel primo tentativo di rottura delle abitudini stantie che affliggono la premiazione, - col già citato “L’esorcista” - ad aver lasciato ancor più basiti è la mancata candidatura per la miglior regia di un classico del 1976 come “Lo Squalo” di Steven Spielberg. Opera che si è distinta rispetto a qualsiasi altro “monster movie” per la sua impeccabile direzione e per il suo funzionale mix di horror e avventura, ha potuto aggiudicarsi giusto le statuette al miglior montaggio, miglior sonoro e - almeno in questo caso senza scontentare nessuno - quella per la migliore colonna sonora, grazie a un eccezionale John Williams. Eppure non rimase niente per il regista di Cincinnati, anche considerando le difficoltà di girare l’intero progetto in pieno oceano, immortalandola per sempre come una delle più grandi imprese mai compiute nel cinema.

Nel 1979, “Alien” di Ridley Scott fece tabula rasa sulla formula consueta dello “slasher movie”, abbandonando le fin troppo abusate zone rurali degli Stati Uniti per inserirla in un contesto fantascientifico tra i silenzi angosciosi dello spazio siderale. Allo stesso modo, l’ostilità da cui fuggire non ha più l’aspetto di un assassino sociopatico, ma quello di un extraterrestre feroce ed orripilante. Al ruolo del tenente Ellen Riplet l’attrice Sigourney Weaver deve gran parte della sua fama e fortuna, certamente uno dei personaggi più rivoluzionari e uno dei debutti cinematografici più efficaci di sempre. Soltanto queste ragioni le avrebbero dovuto garantire almeno la nomination come miglior attrice; il film riceverà comunque un Oscar ai migliori effetti speciali, giustamente assegnato all’artista svizzero inventore dello “xenomorfo” Hans Ruedi Giger e a Carlo Rambaldi. 

Per quanto i riadattamenti cinematografici delle opere di Stephen King - anche di un certo livello - si faccia fatica a contarli, sono stati pochi ad aver avuto un impatto significativo come lo ha avuto “Shining”. Titolo del 1980, è il primo esperimento di stampo horror del grande maestro Stanley Kubrick, che già per questo gli avrebbe valso il premio per la miglior regia, e contemporaneamente una delle migliori prove attoriali in assoluto di Jack Nicholson, già famoso in passato per successi come Chinatown e Qualcuno volò sul nido del cuculo. “Shining”, soprattutto, è il progetto che per primo corrisponde alla definizione - forse un po’ forzata - di “horror metafisico”, anche denominato “art-horror” o ”elevate-horror”, qualcosa che prima non s’era mai vista e che ancora adesso si dimostra un utile riferimento nella costruzione di atmosfere cariche di tensione ed inquietudine. Kubrick, incredibilmente, non ricevette mai un Oscar per i suoi film come miglior regista o sceneggiatore, e il suo Shining purtroppo non fece eccezione.

American Psycho”, tratto dall’omonimo romanzo di Bret Easton Ellis e ambientato a New York nel 1987, consegna all’immaginario comune le inquietanti sfumature di Patrick Bateman. La sua interpretazione ad opera di Christian Bale può ancora riconoscersi come una delle più convincenti della sua rinomata carriera: ciò che nasconde il fascino irresistibile di un consulente finanziario ricco ed affermato è la vera natura di un killer senza scrupoli, che in questa doppia faccia di mostro omicida e uomo di successo non riesce a trovare alcuna scappatoia, ne per la condanna ne per l’assoluzione. Un film che, indiscutibilmente, valeva la pena nominare per il premio al miglior attore protagonista.

Del talentuoso regista cileno Alejandro Amenábar, non possiamo scordarci di “The Others”, spiccatamente ispirato all’immaginario classico del genere, sia letterario che cinematografico, - con suggestioni provenienti dalle opere di Henry James e Shirley Jackson - perfetto nell’aver riprodotto le atmosfere gotiche dell’horror senza trascurare un certo gusto per il trauma psicologico. Sicuramente, insieme alla regia firmata Amenábar, il film avrebbe meritato almeno due ulteriori candidature, come quelle per la miglior sceneggiatura e per la miglior attrice protagonista. Alla Kidman tuttavia basterà aspettare solo un anno in più per vincerlo, in fondo non un’attesa così snervante. 

Giovanni Scanu

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