Sono 64 i senatori (due Psi-Iv, due Lega, tre 5S, sette Pd, 41 Fi, 9 Misto) che hanno firmato per il referendum del taglio dei parlamentari, bloccando di fatto l'entrata in vigore della legge prevista per l'inizio del 2020.

Sessantaquattro (un quinto del totale) era il numero minimo per far partire l'iter referendario per il provvedimento approvato solo pochi mesi fa, ma tuttora molto discusso, e che prevede la riduzione dei senatori da 315 a 200 (con non più di cinque nominati a vita) e i deputati da 630 a 400. Nell'Isola alla Camera dai 17 seggi si scenderebbe agli 11 (-35,3%). In Senato dagli 8 ai 5 (-37,5%).

Ora la palla passa alla Cassazione che come prevede la legge "decide, con ordinanza, sulla legittimità della richiesta entro 30 giorni dalla sua presentazione".

Se le firme sono regolari la Cassazione "comunica immediatamente" l'ammissione del referendum "al Presidente della Repubblica, ai Presidenti delle Camere, al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Presidente della Corte costituzionale".

Entro i successivi 60 giorni "il referendum è indetto con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri". "La data del referendum è fissata in una domenica compresa tra il 50° e il 70° giorno successivo all'emanazione del decreto di indizione".

A seconda della conclusione di ciascuna fase (a cominciare dalla data di deposito delle firme dei 64 senatori in Cassazione), i tempi di celebrazione del referendum varieranno tra fine aprile e giugno.

Si tratterebbe del quarto referendum costituzionale tenuto durante la storia della Repubblica, dopo quelli del 2001, del 2006 e del 2014.

Nessun pericolo per la tenuta del governo secondo il premier Giuseppe Conte: "Abbiamo tante cose da fare: sono percorsi istituzionali, non influenza e non può influenzare l'agenda di governo".

(Unioneonline/D)
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