La Diciottesima legislatura compie un anno.

E, come si fa ad ogni ricorrenza, è tempo di bilanci.

A saltare all'occhio, dopo 12 mesi, è la netta diminuzione dell'attività legislativa del Parlamento nato dopo le elezioni del 4 marzo 2018.

Dal suo insediamento, infatti, Camera e Senato hanno approvato "solo" 29 leggi e quasi sempre "a ruota" del governo.

In 13 casi, infatti, si è trattato di mera conversione di decreti elaborati dall'esecutivo Conte, che ha in qualche modo "dettato" anche gli altri 16 provvedimenti.

Al di là di chi ha proposto cosa, comunque, l'attività di Camera e Senato si è drasticamente ridotta rispetto al passato, quando le leggi approvate ogni anno sfioravano quota 100.

Iniziativa, dunque, ridotta di un terzo.

Per osservatori e addetti ai lavori i motivi di questa "pigrizia" sono da ricercare nel lungo iter di formazione del governo giallo-verde, nato dopo trattative lunghe e convulse e ripetuti round di consultazione al Quirinale, cui è andato di pari passo un laborioso periodo di trattative e votazioni per le nomine di presidenti, vicepresidenti e cariche interne.

Un po' come nel 2013, primo anno della 17esima legislatura (nata anch'essa tra mille difficoltà), quando le leggi approvate furono 32, la stragrande maggioranza di iniziativa governativa.

Elisabetta Casellati, presidente del Senato (Ansa)
Elisabetta Casellati, presidente del Senato (Ansa)
Elisabetta Casellati, presidente del Senato (Ansa)

Secondo molti altri, invece, la scarsa iniziativa dimostrata dai due rami del Parlamento sarebbe la spia di una sorta di "sudditanza" rispetto al Governo, che rischia di svuotare Camera e Senato delle prerogative assegnate loro dalla Costituzione.

Un esempio potrebbe essere la Legge di Bilancio, approvata al Senato in via definitiva a fine dicembre, in fretta e furia, dopo l'accordo in extremis con Bruxelles, con la fiducia e praticamente senza discussione.

Una situazione per certi versi inaspettata, anche alla luce del referendum costituzionale che ha bocciato, solo tre anni fa, la riforma costituzionale elaborata dal Governo Renzi.

Una riforma che, questo il timore sollevato dai sostenitori del no e confermato dal voto popolare, rischiava, assegnando alla Camera il potere legislativo e al Senato solo un ruolo consultivo, di minare proprio il principio della centralità del Parlamento.

Roberto Fico, presidente della Camera (Ansa)
Roberto Fico, presidente della Camera (Ansa)
Roberto Fico, presidente della Camera (Ansa)

Oggi il pericolo è leggermente diverso, ma simile: con il prevalere del decisionismo del governo, Camera e Senato rischiano di diventare sempre più un luogo di conferma di provvedimenti elaborati dal Consiglio dei ministri, anche se comunque in grado di concedere o togliere la fiducia.

E il pensiero non può non correre a ciò che profetizzava il patron del Movimento 5 Stelle Davide Casaleggio solo la scorsa estate: "Il superamento della democrazia rappresentativa è inevitabile ed è possibile che il Parlamento non sarà più necessario".

(Unioneonline/l.f.)
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