Finisce con due fumate nere e qualche spiraglio per chiudere in “fretta” la quinta giornata di votazioni alla Camera per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. 

La votazione del mattino si è conclusa con il flop di Elisabetta Casellati, candidatura avanzata dal centrodestra, che però si è fermata (il quorum a 505) a quota 382 preferenze, con a seguire 46 voti per Mattarella, 38 per Di Matteo, 8 per Berlusconi, 7 per Tajani e Cartabia, 6 per Casini, 3 per Draghi, 2 per Belloni e Joseph Cesar Perrin, ideologo dell’Union Valdotaine.

Un insuccesso, quello della presidente del Senato, sancito – oltre che dall’annunciata astensione del centrosinistra - anche da numerosi “franchi tiratori” all’interno del centrodestra. 

Nella seduta pomeridiana, invece, ha prevalso, e a valanga, il nome del presidente uscente Sergio Mattarella, che incassato 336 voti, davanti al pm Di Matteo, che ha ottenuto 41 voti. E poi: Casini 9, Manconi 8. Draghi e Cartabia ne hanno incassati 5, Belloni 4, Amato 3, Casellati 2.

Ma anche in questo caso ha regnato l’astensione: 445 gli elettori che hanno disertato la chiama, mentre le schede bianche sono state più di un centinaio. 

Un’altra fumata – la sesta – nera, interlocutoria, che si è però svolta in concomitanza con una serie di incontri tra i leader. 

Matteo Salvini ha visto Enrico Letta, Giuseppe Conte e anche Mario Draghi. Poi ha incontrato i big di Forza Italia. E il dialogo ha aperto nuovi scenari.

"Stiamo discutendo su un nome. Non so se sabato sarà il giorno buono. Cerchiamo di essere il più rapidi e efficienti possibili: ognuno è una minoranza ma è importante che dentro la maggioranza che sostiene il governo si trovi un'intesa, che possa essere anche più larga”, ha detto il segretario del Pd Letta.

Salvini è invece entrato più nel dettaglio: “Sto lavorando perché ci sia un presidente donna, una donna in gamba, non faccio nomi né cognomi".

Parole che il presidente del M5S Giuseppe Conte ha così commentato: “Ho l'impressione che ci sia la sensibilità di Salvini, spero di tutto il parlamento, per la possibilità di una presidente donna, il M5s lo ha sempre detto". E, sempre Conte, ha spiegato che si ragiona su due figure “super partes”.

Dal Nazareno, i dem hanno poi fatto sapere: "Sono finalmente in corso, dopo il fallimento del muro contro muro voluto dal centro destra, confronti e discussioni su alcune possibili soluzioni. Tra queste anche candidature femminili di assoluto valore. Ma ci vuole serietà, la cosa peggiore è continuare col metodo di questi giorni che consiste nel bruciare con improvvide fughe in avanti ogni possibilità di intesa. Per noi rimane fondamentale preservare l'unità della maggioranza di governo”.

"Intanto – proseguono i dem – invitiamo tutti a prendere atto della spinta che da due giorni e in modo trasversale in Parlamento viene a favore della riconferma del Presidente Mattarella".

Alla fine della giornata, le somme: le indicazioni e i rumors portano all’ipotesi di proporre in aula il nome, si spera condiviso, di Elisabetta Belloni (CHI È), Paola Severino o Marta Cartabia. 

La prima appare più “papabile”, ma l’opzione viene bocciata da Forza Italia (che boccia anche Severino e che annuncia di aprire trattative in solitudine), Leu e da Italia Viva, secondo cui: “Il capo dei servizi segreti non può andare al Quirinale”.

"Che il capo dei servizi segreti in carica diventi Presidente della Repubblica è inaccettabile. Si tratta di una deriva senza precedenti. Non voterò Elisabetta Belloni. Che è una mia amica. Ma dai Servizi Segreti non si va al Quirinale: chi non lo capisce non ha cultura istituzionale", il commento di Matteo Renzi, leader di Iv.

Sulla Belloni tuona anche il ministro degli Esteri pentastellato Luigi Di Maio: “Trovo indecoroso che sia stato buttato in pasto al dibattito pubblico un alto profilo come quello di Elisabetta Belloni. Senza un accordo condiviso. Lo avevo detto ieri: prima di bruciare nomi bisognava trovare l'accordo della maggioranza di governo. Tutto ciò, inoltre, dopo che oggi è stata esposta la seconda carica dello Stato. Così non va bene, non è il metodo giusto", le parole di Di Maio.

Le alternative al maschile potrebbero essere Pier Ferdinando Casini. O il “solito” Mario Draghi. Oppure, ancora, il premier in carica – anche questo dicono i rumors - potrebbe mediare con Mattarella, per chiedergli la disponibilità a un bis, che lui ha sempre detto di non voler fare, ma che, vista la situazione di stallo, potrebbe essere infine inevitabile. 

(Unioneonline/l.f.)

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