Rapporto Stato-Regione: tra conflitto e esigenza di coordinamento
Il Cdm ha impugnato la settima legge regionale sardaPalazzo Chigi (Ansa)
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Nei giorni scorsi si è appreso dagli organi di stampa della ennesima impugnazione deliberata dal Consiglio dei Ministri nei confronti di una legge regionale sarda. La settima, a voler essere precisi, dell’esperienza di governo di Alessandra Todde. In particolare, e per voler assecondare l’esigenza di precisione, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Roberto Calderoli, ha deciso di impugnare la legge della Regione Sardegna numero 24 del 11 settembre 2025, recante Assestamento di bilancio 2025-2027 e variazioni di bilancio siccome "talune disposizioni, eccedendo dalle competenze statutarie e ponendosi in contrasto con la normativa statale in materia di accesso al pubblico impiego e di contrattazione collettiva, violano i principi di uguaglianza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, nonché l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione".
Nulla quaestio. Tanto più allorquando si consideri che, per specifica disposizione normativa, allorquando il Governo ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione. Tuttavia, probabilmente, e vista e considerata la recente Riforma Calderoli sulla autonomia differenziata, comportante la ridefinizione dei rapporti Stato-Regioni sul piano delle rispettive competenze, siffatta impugnazione potrebbe (l’uso della formula dubitativa si impone) irrigidire gli scambi dialettici tra il Governo Centrale e quello Regionale Sardo nel caso specifico, e Regionale in generale.
E ancora probabilmente, sarebbe stato forse più utile avviare un confronto politico prodromico, ben diverso dallo strumento del controllo/approvazione preventivo/a, tra i due differenti livelli di governo finalizzato a dirimere ogni sorta di perplessità ponendo in essere apposite dinamiche di coordinamento tra Stato e Regione ed evitare così azioni giudiziarie che potrebbero paralizzare l’attività di gestione del territorio. Dicendolo diversamente, con buona verosimiglianza, l’impugnazione dovrebbe essere la “extrema ratio”. Si darebbe modo alla Regione di godere a pieno della propria autonomia statutaria e di rendere più snella e rapida la propria azione di governo del territorio.
Intanto, perché notoriamente il Paese Italia, si caratterizza per avere un ordinamento cosiddetto di tipo regionale, ben distinto da quello dello Stato federale, siccome fondato su di un sistema incentrato sulla articolata divisione dei poteri tra il centro e la periferia. Quindi, perché il regionalismo propriamente detto, sembrerebbe avere rappresentato e rappresentare ancora oggi l’emblema della dinamica dei rapporti tra le varie realtà territoriali e quella unica statale anche in una ottica di migliore definizione della cosiddetta “questione meridionale” finalizzato a migliorare le sorti economiche e sociali del sud Italia e delle Isole. Infine, perché nelle dinamiche dei rapporti tra Stato e Regioni il confronto politico valorizzerebbe forme di leale e fattiva collaborazione utili a circoscrivere le ipotesi di ricorso da parte dello stesso Governo.
Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro
