Matteo Salvini e le metamorfosi identitarie
Il leader padano punta a federare i tre partiti del centrodestra per contare in Europa
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E’ notizia dei giorni scorsi quella per cui Matteo Salvini, ancora segretario in pectore della Lega, nel corso di un convegno organizzato in Portogallo da Identità e Democrazia, si sarebbe fatto promotore di un progetto di federazione dei gruppi di centro-destra al Parlamento Europeo. Secondo il leader padano, sarebbe arrivato il momento “di lavorare in Europa per mettere insieme il meglio dei tre gruppi alternativi alle sinistre”, ovverosia, sarebbe sopraggiunto il momento di operare congiuntamente per “unire Id (Identità e Democrazia, di cui fa parte la Lega) Ecr (Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei, di cui fa parte Fratelli d’Italia), e il Ppe (Partito Popolare Europeo, di cui fa parte Forza Italia)”.
Non si sarebbe dichiarato dello stesso avviso invece, e comprensibilmente, il coordinatore di Forza Italia ed ex Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, il quale avrebbe voluto sottolineare, come di fatto ha voluto sottolineare, che il modello di centrodestra unito (la scrittura senza trattino di congiunzione è volutamente significativa di un concetto preciso), per quanto esistente in Italia (e anche in questo frangente, aggiungo io, la discussione potrebbe rivelarsi ampia e contrastante), non può essere in alcuna maniera traslato sul piano europeo a cagione di insuperabili questioni identitarie sussistenti tra i diversi Membri di riferimento. Nulla quaestio al proposito: del resto le reazioni erano prevedibili, quasi scontate in considerazione del panorama governativo apparentemente “unitario” venutosi paradossalmente a determinare anche a livello nazionale proprio in forza della spinta condizionante impressa, sorprendentemente, dal leader padano il quale, paradossalmente, quanto incomprensibilmente, a correnti alterne, non ha mancato di manifestare il proprio disappunto verso decisioni comunque uniformemente assunte (ricordiamo, tra le tante, la questione relativa al “coprifuoco”).
In buona sostanza, e per intenderci più semplicemente, se l’intento motivazionale di Matteo Salvini, anche inconsapevolmente condotto come io ritengo, era quello di ingenerare, su differenti livelli a distribuzione gradata, un articolato “misanderstanding” interpretativo tra il concetto di “Unione” e quello, maggiormente compiuto e qualificato, di “Unificazione”, che verosimilmente dovrebbe comportare, come nei fatti comporta, una sorta di “confusione” tra “generi” il più delle volte impraticabile sul piano ontologico, ad oggi, e nel volgere di poche ore, si può serenamente concludere nel senso che esso è miseramente naufragato in porto all’atto stesso del suo nascere, evidentemente prematuro siccome condizionato da dietrologie tattiche ispirate a severo opportunismo scenico di “prevalenza” nei confronti ed in danno dei suoi stessi alleati/nemici Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. Il quadro politico complessivo conseguente, pertanto, considerata altresì la perplessità apertamente manifestata dallo schieramento facente capo a Fratelli d’Italia, non poteva che apparire, come di fatto appare, oltre modo chiaro nelle sue connotazioni ideologiche. L’ex capitano, divenuto, sembrerebbe, oramai permeabile, e per ciò stesso “debole”, rispetto agli stimoli moderati del frangente democratico di partito facente capo a Giancarlo Giorgetti, sembra aver (finalmente) compreso (forse) che la comunità interna ed internazionale è in procinto di attraversare, e già sta attraversando, una fase decisa di post-sovranismo destrorso anti-populista il quale ultimo, fin dall’indomani della clamorosa sconfitta di Donald Trump, e dal momento stesso del progressivo e corrispondente indebolimento dell’influenza condizionante di Vladimir Putin, sembra aver registrato un drastico calo di consensi soprattutto nell’ambito dell’Eurozona geo-politicamente intesa.
In altre parole, e nel tentativo di chiarire un concetto basilare per la comprensione della metamorfosi omologante che sembra avere letteralmente “investito” il Segretario leghista, non sarà allora superfluo osservare, brevemente, quanto in appresso: sebbene l’impianto sovranista continui idealmente a riscuotere un certo margine di consenso tra le categorie più fragili ed economicamente maggiormente svantaggiate della popolazione genericamente intesa, tuttavia, attraverso siffatta impostazione ideologica, i vari gruppi che ne sono espressione, e la Lega di Matteo Salvini in particolare, non riescono ad imporsi da protagonisti sul piano squisitamente governativo, sicché tentare un “allargamento” assorbente (quasi che tutti gli altri protagonisti in campo potessero prima e possano oggi stare a rimirare con flessione impassibile simili manovre acrobatiche), per molti aspetti spersonalizzante e diluente, sembra qualificarsi, allora, quale unica alternativa di “salvezza” tuttavia inevitabilmente condizionata nel “se” e nel “quando”. Ma i problemi, verosimilmente, si nascondono proprio in quel “se” e in quel “quando”, soprattutto nel momento in cui, corrispondentemente, ed al di là del “trend” internazionale in atto, non solo il fronte conservatore, ma mai banalmente “populista”, della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, continui a vivere un percorso di rapida ascesa proprio in pregiudizio dello schieramento verde, ma anche nel momento in cui il fronte liberale incarnato dal Partito degli Azzurri, sia riuscito a rinvenire, nel contesto unitario di governo paradossalmente incoraggiato dallo stesso Matteo Salvini (il quale dalla richiesta di voto ad oltranza è balzato sulle posizioni cautelative del “dover esserci”) una propria dimensione alternativa rispetto alle dinamiche di un centro-destra ammalorato da crescenti crisi esistenzialistiche e concorrenziali interne.
Del resto, il Presidente Silvio Berlusconi, ben consapevole dei pericoli insiti nel concetto stesso di “federazione” a trazione leghista ed in buona sostanza a finalità escludente ed allo stesso tempo assorbente, si è sempre detto contrario alla realizzazione di una “fusione” tra gruppi la quale, diversamente dal concetto più morbido di una auspicabile e rinnovata impostazione “omogenea” della coalizione, ancora tutta da sperimentare ad onor del vero, “non servirebbe e non sarebbe utile a nessuno”, o quasi (sic), soprattutto quando, in quest’ultimo caso, il passaggio ideologico di Taluno da “padano” a “italiano” moderato “popolare” e non “populista” sia stato davvero, fin dall’indomani delle cosiddette “politiche” dell’anno 2018, questione di attimi, difficilmente giustificabili sul piano ideologico e finalistico. Ebbene. Alla luce di siffatte riflessioni riesce davvero difficile credere che il progetto politico di nuovo conio di un “rinnovato” ma ancora “opaco” Matteo Salvini “in cerca d’autore”, riesca a trovare definizione. Tanto più allorquando la finalità non dichiarata, ma manifesta, della intera operazione sia evidentemente quella non solo di porre nel nulla l’influenza condizionante dell’ideologo medesimo del centro-destra Silvio Berlusconi, ma anche quella di infliggere una severa e clamorosa “spallata” alla rivale stimatissima Giorgia Meloni, prospettando l’apertura di scenari che verosimilmente, andrebbero ad incidere profondamente sugli attuali equilibri di “coalizione”, a quel punto “federazione”, e di governo.
Per quanto il “Commensale” sia potente e di sicuro impatto mediatico, a fare la differenza è sempre l’“Oste” che, al momento opportuno, non manca di presentare il conto: la “mensa” europea, per usare una metafora, appare quale sola “location” determinante e utile a definire, in maniera piena, nel prossimo futuro post “unitario”, la posizione e la rilevanza dei singoli partiti nazionali. Ed appare, altresì, quale unica “location” di circostanza utile a restringere il perimetro di influenza della Lega dello stesso Matteo Salvini pure rivisitato in versione “europeista”. Giorgia Meloni sembra averlo ben compreso e sicuramente rende al meglio il proprio interesse nel momento in cui si impegni, come di fatto si sta impegnando, ad evitare la nascita di una qualsivoglia nuova formazione politica potenzialmente idonea a ridimensionare il rilievo del proprio gruppo di riferimento all’interno dell’Europarlamento. Gli sviluppi prossimi, io credo, saranno sorprendenti e tutt’altro che scontati seppur prevedibili, specie in considerazione del parallelismo ontologico tra il movimento dei penta-stellati e quello verde di stampo padano/nazionalista. Tempo al tempo.
Giuseppina Di Salvatore
(Avvocato – Nuoro)