Nel 2013 il neo-fondato Fratelli d’Italia prendeva l’1,9%, nel 2018 il 4 e poco più. Quattro anni dopo, grazie alla cavalcata lenta ma costante di Giorgia Meloni, 45 anni, nata a Roma e cresciuta alla Garbatella, sfonda il tetto delle due cifre e arriva al 26 (IL VOTO). E ora è la prima presidente del Consiglio donna della storia della Repubblica.

Anche all’analista politico più esperto non è chiaro quando esattamente tanti italiani abbiano cominciato a guardare a lei. Rivoluzionaria ma non reazionaria, aggressiva quanto basta, rassicurante all’occorrenza, erede diretta della destra neofascista del Movimento Sociale Italiano portando la Fiamma tricolore a Palazzo Chigi, ma senza strafare. La chimica giusta per vedere salire i sondaggi, un po' alla volta, fino all’exploit.

Giornalista professionista dal 2006, diplomata col massimo dei voti all’ex istituto Amerigo Vespucci, Giorgia Meloni ha una figlia, Ginevra, una mamma, Anna, e una sorella, Arianna, a cui è legatissima. Il padre di origini cagliaritane è andato via quando lei aveva solo un anno. Da quel momento lo ha frequentato per poco tempo finché, stanca dei saluti, non gli ha detto addio per sempre.

Nel curriculum esperienze come barista al Piper, baby-sitter del primo figlio di Fiorello, venditrice di dischi a Porta Portese. Poi l’esordio in politica quando aveva solo 15 anni, fondando alla Garbatella dalle file del Fronte della Gioventù, il coordinamento sulla scuola “Gli antenati”. Fedelissima di Gianfranco Fini, nella XVesima legislatura è diventata con Alleanza Nazionale la più giovane parlamentare donna, poi vicepresidente della Camera.

A soli 31 anni, alle Politiche giovanili, è stata il più giovane ministro del governo Berlusconi IV e della storia repubblicana, quindi presidente del movimento politico giovanile del Popolo della Libertà, Giovane Italia.

Nel 2012, accanto a Guido Crosetto e Ignazio La Russa, ha inizio l’avventura di Fratelli d’Italia. Un partito descritto come nazional-conservatore, nazionalista, tradizionalista, nativista, post-fascista e sovranista. Sul simbolo la Fiamma tricolore e, fino al 2017, anche la sigla "MSI".

 Da due anni è Presidente dei Conservatori europei.

LA “PATRIOTA” – La sua affermazione è un “unicum” assoluto nella storia politica dei Paesi fondatori dell'Ue e per molte cancellerie rappresenta uno choc. I suoi detrattori la definiscono "inadeguata a governare". La stampa di mezzo mondo legge il voto come il ritorno del "fascismo in Italia", cent'anni dopo la Marcia su Roma. La sua proposta di "blocco navale" contro i migranti, la sua avversione all'adozione per i gay, il suo mantra "Dio, patria famiglia", le hanno causato fortissime critiche.

Lei però replica chiamandosi "patriota", impegnata a "tutelare finalmente l'interesse nazionale", contro "la globalizzazione senza controllo", che distrugge "le comunità, i popoli, e i suoi valori identitari", posizioni che la avvicinano a Donald Trump. Fredda invece con Marine Le Pen, risponde male a chiunque continui ad associarla alla politica francese del Rassemblement National. Non rinnega invece i rapporti molto stretti con i Paesi del gruppo di Visegrad, e in particolare con l'Ungheria di Orban, il cui governo è stato definito dal Parlamento europeo "una non democrazia", ma si è sempre difesa ricordando che "non esiste una Europa di Serie A e una di Serie B".

Sta dalla parte dell’Ucraina, e lo ha ribadito più volte, e soprattutto dell’Europa: sa che il nostro Paese, con il suo enorme debito pubblico, se non vuole rischiare di finire vittima della speculazione finanziaria non potrà trovare vie d'uscita fuori dal contesto europeo. In una intervista a Reuters, ha chiarito che intende rispettare i parametri di bilancio di Bruxelles e che non ci saranno "follie" sui conti. 

(Unioneonline/D)

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