“Il tempo dell’attesa e dei rinvii è finito”, ha dichiarato Giuseppe Conte su Face-book non più tardi di qualche giorno fa: “il Movimento 5 Stelle” starebbe avviandosi, “forte delle sue radici”, verso “una nuova storia”; “giugno” segnerebbe “l’inizio” di un “secondo tempo” di rinnovamento.

L’affermazione, a ben volerla considerare, è suggestiva, idonea a sollecitare ed insuperbire l’immaginario di quanti avevano già scommesso, ma evidentemente anzi tempo, sulla frantumazione di una formazione “meta” e “para-politica” di rigida e farraginosa configurazione concettuale. Ma in che cosa potrà mai consistere la annunciata nuova fase politica? Su quali nuove basi ideologiche potrà sorreggersi? Su quali strumenti e parametri di confronto sarà disposta a misurarsi con l’attuale esecutivo a trazione unitaria e con le singole forze partitiche che lo compongono? Quale sarà, se potrà mai esistere, il suo ruolo all’interno del neo-formando centro-sinistra (e/o centrosinistra che dir si voglia)?

E’ possibile, allo stato attuale di maturazione e di consistenza del dibattito politico/ontologico in atto, di chiaro stampo concettualmente e sterilmente “federativo”, prendere in considerazione l’idea per cui il “secondo tempo” del Movimento, quale che sia la sua nuova rinnovata (se sarà rinnovata) nomenclatura identificativa, possa in qualche modo contemplare, e/o sintetizzare, sublimandola, una adesione, più o meno motivata ai principi e ai valori fondanti del neo-formando centro-destra (e/o centrodestra che dir si voglia) di matrice più decisamente “identitaria” e “populista”? Quali sono i presupposti fondanti della legittimazione politica della nuova formazione comunque “parlamentare”? Gli interrogativi si intrecciano e si sovrappongono. E probabilmente, nel comprensibile tentativo di volerli dipanare con l’immediatezza consentita dalle circostanze contingenti, corriamo il rischio di risultare in anticipo sui tempi compromettendo, involontariamente, la retta comprensione del funzionamento della matrice propulsiva del “cambiamento” 2.0. Soprattutto allorquando non sia ancora possibile comprendere quale potrà mai essere lo spazio “deliberativo” del nuovo “Movimento” all’interno di un “Governo di Unità Nazionale” di chiaro stampo neo-liberista, il quale necessita (come abbiamo sempre osservato) quale contrappeso mitigatore, di una nuova idea di “sinistra” progressista, riformatrice e lungimirante che possa riuscire, nel prossimo futuro, a contrastare, mitigandole, le inevitabili politiche di rigore che, con buona verosimiglianza, verranno “aliunde” decise, e “quivi” intraprese, per fronteggiare il debito pubblico crescente e per garantire, tutelandoli a nostre spese, gli interessi preponderanti del capitale finanziario. E soprattutto allorquando, malgrado l’intervenuto forzoso accordo con “Rousseau”, non sia ancora possibile comprendere quale potrà mai essere la nuova base elettorale di riferimento del “Movimento” a guida del moderato “Giuseppe Conte”. Intanto, perché il proclamando leader Giuseppe Conte eredita una formazione politica in profondo stato di crisi, affetta dalla perdita emorragica dell’originario consenso cagionata dalle dinamiche progressivamente denaturalizzanti che, nel corso delle ultime esperienze di governo, la hanno inesorabilmente travolta.

Quindi, perché, ad un livello maggiormente elevato di astrazione, il declino del “Movimento 5 Stelle”, nella sua declinazione originaria, potrebbe rappresentare l’indice di riferimento (il condizionale è d’obbligo), con buona approssimazione, del ritorno dell’antitesi bi-polare fra “centrodestra” e “centrosinistra” (rispettivamente uniti senza alcuna differenziazione identitaria tra le rispettive componenti) pur senza rappresentare, siffatta antitesi, il ritorno incondizionato ad un passato che nulla avrebbe a che vedere con l’evoluzione “federativa” attualmente quanto pericolosamente “in fieri”. Infine, ed è questo il dato maggiormente identificativo, perché se è vero, come appare essere vero, che il tratto caratterizzante di questa fase storica parrebbe riconoscersi nella perdurante indefinitezza del quadro politico di riferimento, tuttavia, appare altrettanto vero che il vecchio, ed un pò noioso, spartiacque Destra/Sinistra, quale tipica espressione del bi-polarismo tradizionalmente inteso, non esista più, siccome superato dalla “confusione” e dalla conseguente “fusione” della “linea di frattura” un tempo sussistente tra gli schieramenti politici che ne sono stati espressione, e che alla prova del tempo, e all’attualità, paiono non essere riusciti a resistere agli stimoli sempre più pressanti provenienti da una società civile in perenne condizione di trasformazione. In buona sostanza, il progressivo declino dei partiti, definitivamente maturato all’esito delle elezioni politiche dell’anno 2018, le quali avevano condotto gli stessi partiti anti-establishment per eccellenza, Lega e Movimento 5 Stelle, ad intraprendere la comune esperienza di governo, ha contribuito a ridefinire, pur senza cristallizzarli in via definitiva, i termini del confronto intorno alla questione della rappresentanza parlamentare, rimasta pertanto, aperta alle influenze di quanti (leader e partiti si intenda) riusciranno a farsi interpreti di una rinnovata sintesi ideologica capace di superare non solo l’illusione “bi-polare”, ma anche la tendenza al “civismo” il quale, più che porsi quale fenomeno di rinnovamento, sembra piuttosto rappresentare un fenomeno utile, nell’immediato, a cercare di contrastare, mascherandolo, il “frazionismo” tipico di quel che resta delle formazioni politiche ancora esistenti.

Alla luce di quanto così brevemente osservato, e non potendo comprendere fino in fondo (sebbene personalmente io ritenga che non abbia sbocco pratico rilevante), allo stato, quale potrà mai essere l’influenza del fenomeno “civico”, tanto caro al centro-destra, sul piano della politica nazionale, appare chiaro, perlomeno ad idea di chi scrive, che il cosiddetto “secondo tempo” di Giuseppe Conte, se vorrà cogliere nel segno, dovrà farsi interprete di una domanda politica di rappresentanza “nuova” che sappia fare buon uso delle “porte girevoli” che caratterizzano i meccanismi dialettici della nuova stagione politica che pare maturare sulla linea di binari paralleli orientati su formule identitarie che potremo definire “naif”, quasi ingenue ed istintive nella loro colorazione ideologica. Solo se in tale maniera concepito ed interpretato, questo “secondo tempo” potrà rompere l’illusione di un nuovo asse bi-polare già di per sé stesso difficilmente ammissibile in un momento di “commissariamento forzoso” della politica nazionale, ponendosi quale “tertium” ancora incompiuto, ma sussistente nelle sue linee definitorie essenziali, siccome idoneo non solo a fungere da proverbiale ago della bilancia tra formazioni contrapposte sul piano parlamentare vigente, ma anche a qualificarsi e ad accreditarsi, quale rinnovata esperienza partitica di “centro” avulsa, se avrà sufficiente coraggio, dalle articolazioni populiste delle origini. Ogni altra via alternativa si sostanzierebbe, per il neo – proclamando leader Giuseppe Conte, in un banale “nulla di fatto”, soprattutto allorquando, considerata l’incrinatura del Partito Democratico, il quale ancora, malgrado l’intervento di Enrico Letta, non riesce e ricomporre, riconducendole ad unità, le differenti fazioni che lo animano, lo stesso Giuseppe Conte abbia la possibilità concreta di orientarne le sorti (ri-)affermandosi, con il trascorrere dei prossimi mesi, quale autentico leader “mediano” di un centro-sinistra veramente ampio, mai “federato” in funzione spersonalizzante, e rispettoso delle diversità che lo caratterizzano.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato – Nuoro)

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