La premier Giorgia Meloni è in Quaresima – ipsa dixit – e non puo «annegare nell’alcol» il dispiacere per la sconfitta elettorale alle regionali in Sardegna (TUTTI GLI ARTICOLI).

Ma, ironia a parte, nel centrodestra sono iniziate le riflessioni sulle ragioni della sconfitta, arrivate dopo che tutto lo stato maggiore del governo – premier, vicepremier, ministri e sottosegretari – si è speso personalmente, mettendoci la faccia e girando per l’Isola, per tirare la volata a Paolo Truzzu, nella convinzione che potesse spuntarla sulla candidata del Campo Largo Alessandra Todde. Così non è stato. 

E, ora che il deludente risultato è ufficiale, gli umori e i giudizi dei big dell’alleanza moderata sono quanto mai diversi. Come è potuto accadere? Ed è vero, come ipotizzano i dietrologi, che il voto sardo è stata l’occasione per una sorta di “prova di forza” sotterranea all’interno della maggioranza, tra Lega e Fratelli d’Italia?

«L'accusa alla Lega di aver fatto mancare 5mila voti a Truzzu? Ma assolutamente no, noi volevamo vincere, tornare a governare. Volevo avere più consiglieri regionali ed anche degli assessori, il voto disgiunto sarebbe stato da folli», assicura il leghista Gian Marco Centinaio, vicepresidente del Senato. Aggiungendo: con Solinas al posto di Truzzu «non so se avremmo vinto, ma con i se e con i ma non si va da nessuna parte».

Convinto del fatto che la conferma – come voleva il Carroccio - del governatore uscente Christian Solinas avrebbe condotto la coalizione di maggioranza al successo è invece il vicesegretario leghista Andrea Crippa, secondo cui «non si può catapultare da Roma un candidato senza ascoltare e conoscere il territorio. Tanto più che Salvini è stato 8 volte in Sardegna prima del voto e Meloni una sola».

«Non ce lo aspettavamo. Speravamo che la conferma dell'unità della coalizione e il trend nazionale ci favorissero», ha commentato invece dopo il voto Maurizio Gasparri (Forza Italia). «Ma è una sconfitta da cui trarre lezione». Sul candidato, aggiunge il capogruppo azzurro al Senato, «non è stato un errore cambiare cavallo. Era inevitabile. C'era un'aspettativa difficile. Il governo regionale è apparso in difficoltà sulle attese e lo abbiamo pagato alle urne. Non credo che avremmo avuto un risultato migliore con altre scelte». Tutto sommato, conclude Gasparri, «noi guardiamo al risultato di coalizione, non a quello individuale. Senza contare che 5 anni fa la Lega aveva un accordo con i sardisti: è importante valutare sempre il contesto locale. Poi è possibile che le urne avvertano l'eco di liti e discussioni. Ma alla fine vota la gente, i partiti non possono ordinare di mettere la croce su questo o l'altro candidato. Capisco la dimensione numerica. Però a volte la figura adatta può non coincidere con il partito che prende più voti. Lo diciamo sempre dopo, magari dovremmo tenerlo presente prima».

Passando a “casa Meloni”, secondo il parlamentare di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, «che ci sia stato il voto disgiunto è scientifico e matematico. In Sardegna c'è sempre stato ed è più di quello che si vede perché ci sarà anche chi ha votato solo Truzzu senza votare le liste. Sarà un'analisi a spiegare se è stata una cosa spontanea o dei partiti.

«In Sardegna – ha aggiunto Donzelli – i numeri sono abbastanza chiari. La coalizione che sostiene il governo è più forte in Sardegna ora che nelle politiche, è salita dal 40 al 48-49 e le opposizioni nel loro complesso sono scese. Quindi trarre un dato politico nazionale sarebbe paradossalmente di sostegno al governo. Poi, visto che uno perde non si mette a dirlo perché poi evidentemente la scelta territoriale non è quella che è stata apprezzata dai sardi. Dunque, obiettivamente non è un dato contro il governo».

(Unioneonline/l.f.)

© Riproduzione riservata