All'arrivo al traguardo non c'è stata grande festa: l'Agenzia sarda delle entrate supera il primo scoglio, vale a dire l'approvazione del disegno di legge nella commissione Bilancio del Consiglio regionale, ma sul punto si registra una nuova tensione nella maggioranza. E non è che ne mancassero, in questo periodo.

Prima la commissione Autonomia, chiamata a dare il parere di sua competenza, stila una pagina ricca di perplessità sul testo. Poi, all'atto del voto finale nel parlamentino del Bilancio (necessario per l'approdo in aula), in due nel centrosinistra si sfilano e scelgono l'astensione: Anna Maria Busia (Centro democratico) e Paolo Zedda (Rossomori).

L'ITER La divisione nella coalizione non compromette il cammino della legge, già all'ordine del giorno del Consiglio regionale del 27 settembre: salvo clamorose ribellioni l'Agenzia potrebbe diventare realtà all'inizio di ottobre. L'episodio diventa però un termometro della salute della coalizione, nella quale ormai è anche difficile tenere il conto dei dualismi tra alleati. In questo caso si tratta della riproposizione, sulla questione fiscale, della divergenza tra il Centro democratico e il Partito dei sardi (che col segretario Franciscu Sedda è tra i principali promotori del testo in discussione).

I NODI I problemi sollevati dalla commissione Autonomia sono due. Uno riguarda il personale, e in particolare il trattamento omogeneo con il resto dei dipendenti della Regione. Ma l'altro colpisce uno dei cardini della legge: la possibilità che l'Agenzia riscuota tributi statali (quelli su cui la Sardegna ha diritto a una compartecipazione). Previsione che rischia di essere impugnata dallo Stato, perché in contrasto con l'articolo 9 dello Statuto speciale che consente - come ricorda il parere approvato in commissione - «l'accertamento e la riscossione dei soli tributi propri della Regione».

«Delle due l'una», riflette Anna Maria Busia: «O si sta disponendo di una materia fuori della nostra potestà, o si sta creando una scatola vuota, un carrozzone che deve comunque patteggiare tutto col ministero dell'Economia prima di riscuotere. Noi non siamo contro l'Agenzia, anzi», precisa la consigliera centrista: «Proprio perché crediamo in questo strumento, però, riteniamo fondamentale prevedere la partecipazione della Regione, in posizione paritaria con lo Stato, alla fase di accertamento delle entrate che ci spettano».

COMMENTI «Non si può dire che il nostro parere equivalga a una bocciatura», chiarisce Francesco Agus (Sel), presidente della commissione Autonomia, «ma certo c'è il rischio di creare solo un costoso Centro studi. Il problema è trovare la reale possibilità di incidere sulle entrate della Regione, qualsiasi sia la formula scelta». Dalla commissione Bilancio, il presidente Franco Sabatini (Pd) rassicura: «Stiamo finalmente creando uno strumento che ci consentirà di verificare puntualmente le entrate. Terremo conto degli inviti alla riflessione dell'altra commissione, ma in aula la maggioranza sarà compatta».

Franciscu Sedda sorvola sugli attriti tra alleati ed esulta per il primo sì alla legge, attaccando «i nazionalisti italiani - fratellitaliani, forzitaliani - e il loro tentativo di sminuire o generare allarmismi assurdi. I soldi dei sardi non andranno più nelle casse dell'Italia: è poco meno di una rivoluzione, un giorno ci ringrazierete».

Un giorno, forse: per adesso non è convinto l'ex governatore Ugo Cappellacci, che vede nell'Agenzia «una bufala o, nella peggiore delle ipotesi, una EquiSardegna, cugina di Equitalia». Perché «lo Stato centrale continua a incassare i tributi di sua competenza, e in una fase successiva deve dare alla Regione quanto spetta in base all'articolo 8 dello Statuto»: quindi «o si vuole creare un ente inutile o si sta creando un mostro amministrativo con cui la Regione si accolla le spese della riscossione, ma è sempre Roma la destinataria dei soldi incassati».

Giuseppe Meloni

© Riproduzione riservata