C agliari. È la fine degli anni Ottanta quando uno studente delle scuole medie stringe un'insolita amicizia. Ha tredici anni, eppure la tavolozza delle sue relazioni sociali è inaspettatamente variegata. C'è anche Cornelia Binelli, una graziosa ultranovantenne che abita a due passi da Piazza della Repubblica. Al giovane studente quella vecchina, fragile soltanto in apparenza, piace. Ecco perché una volta a settimana va a trovarla. Senza mai annunciarsi: con la spontaneità tipica degli adolescenti.

La casa di Cornelia Binelli è grande e lei impiega sempre un po' ad aprire il portone. Quando i due s'incontrano lei prepara il caffè e tira fuori dalla credenza i biscotti - non sempre croccanti ma mai rammolliti. L'aria è impregnata dalle parole dello speaker di Radio Maria.

Si parla della vita. Di come si diventa uomini. Del rispetto che si deve dare, se lo si vuole ricevere: dell'importanza di mantenere la parola data, della caducità dei beni materiali rispetto alle qualità dell'anima. Una privilegiata palestra dove non s'ingrossano i muscoli ma l'empatia e l'esperienza.

Il giovane studente lo sa: e quando lascia la casa di Cornelia si sente sempre più forte e più completo.

Un giorno, sul tavolo della cucina, il ragazzo vede una rubrica telefonica e, quando la sfoglia, si accorge che la maggior parte dei nomi sono stati depennati.

«Perché?», domanda a Cornelia.

«Sono tutti morti».

Lo studente rabbrividisce. L'idea della morte lo terrorizza.

«E tu, Cornelia, hai paura di morire?»

«Del dolore ho paura, e della sofferenza. Ma della morte no. Ho vissuto pienamente, sono stata felice e sono fiera di me. Ecco perché la morte non mi fa paura».

Il ragazzo spalanca gli occhi. Quella calma e quella serenità nel parlare di un argomento tanto spaventoso lo lasciano stupito e senza fiato.
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