I l 26 novembre del 1994 Alfredo Kraus, uno fra i più grandi tenori al mondo, si esibì al Teatro Lirico di Cagliari in un recital destinato a lasciare il segno nella memoria degli spettatori e nella storia della città. Aveva sessantotto anni.

Scrisse Enrico Stinchelli nel programma di sala: “Vi invito a munirvi di incisioni con tenori di qualunque epoca, registrati alla medesima età: noterete che nessuno riesce a eguagliare la fermezza di voce, l'estensione e la tenuta di Kraus. Un fenomeno”.

Sono trascorsi 25 anni da quel giorno. Ma chi fu presente, chi ebbe il privilegio di ascoltare Alfredo Kraus cantare Tombe degli avi miei dalla Lucia di Lammermoor di Donizetti, Pourquoi me reveiller dal Werther di Massenet e Che gelida manina dalla Bohème continua a mantenerne un ricordo inspiegabilmente nitido. Come se, durante l'esecuzione, la memoria avesse aperto la sua cassaforte più blindata e lì avesse concesso a quegli istanti di riporsi.

Uomo d'altri tempi (già a quei tempi), portamento da nobiluomo e baffi da moschettiere, Alfredo Kraus era conosciuto nel mondo della lirica come il cantante aristocratico, il tenore nobile: colui che alla tecnica sapeva affiancare una sensibilità più unica che rara.

Il pubblico di Cagliari rimase estasiato.

In platea c'era - fra gli altri - un ragazzo di 17 anni: un liceale talmente impreparato a quell'abbondanza di meraviglia e perfezione da rimanere inebetito mentre tutti, d'intorno, applaudivano.

Alla fine del recital trovò il coraggio di sgattaiolare nel retropalco e raggiungere il camerino del tenore spagnolo.

Kraus gli apparve imponente nel corpo e regale nell'anima.

«Maestro posso avere un suo autografo»?

Kraus sorrise. Estrasse dal taschino una penna stilografica dall'inchiostro blu e con essa firmò e datò il programma di sala che il ragazzo gli porse.

Fu un concerto memorabile, in una città di concerti memorabili.
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