È l'inizio degli anni Novanta quando uno studente di Filosofia comincia a percorrere viale Regina Elena: dalla parte destra, per godere a pieno del generoso panorama che il belvedere offre su Cagliari. È emozionato. In tasca tiene un floppy disk che contiene il suo sogno: quello di diventare uno scrittore. Cammina spedito. Il caporedattore di cultura de L'Unione Sarda gli ha dato appuntamento per le cinque e lui ci tiene a essere puntuale. Raggiunta la sede del giornale, le porte scorrevoli si aprono automaticamente.

«Buonasera» - dice alla centralinista. E precisa: «Ho un appuntamento con il dottor Manca». La ragazza lo invita ad accomodarsi su una poltroncina. Pochi minuti dopo il caporedattore di cultura appare. È vestito di nero ed è gentile, ma si capisce che ha fretta: «Hai portato l'articolo di prova»? Il ragazzo si fruga nelle tasche ed estrae un floppy disk azzurro.

«Sono esattamente 3.000 battute, come lei aveva chiesto».

«Bene. Se mi piace lo pubblico dopodomani».

Marco Manca - che era un uomo di poche parole - non disse altro: ma sorrise. L'attesa fu lunga. Poi, però, l'articolo uscì e raggiunse tutte le edicole della Sardegna.

Un inizio. Un primo passo, senza il quale quel ragazzo - oggi uomo - non sarebbe riuscito a firmare i suoi pezzi su La Repubblica, oltre che continuare a farlo per questo giornale. Qualche settimana dopo, il postino bussò alla sua porta e dalla borsa di cuoio a tracolla estrasse una lettera assicurata. Domandò una firma e, in cambio, la consegnò. Dentro c'era un assegno da trentamila lire.

Inizialmente il ragazzo pensò di incorniciarlo. Poi, però, non resistette alla tentazione di godersi il ricavato del suo primo lavoro e con quel danaro comprò il romanzo di Sergio Maldini “La Casa a Nord Est” che aveva vinto il Premio Campiello. Le tremila lire del resto bastarono anche per un bel cono gelato al Piccolo Caffè di via Garibaldi.
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