E 'il 29 aprile del 1994. Il Teatro Lirico - da poco inaugurato - ospita un concerto d'eccezione. La platea è gremita di spettatori che attendono con impazienza di poter ascoltare il baritono verdiano Leo Nucci che, quella mattina, Maria Paola Masala definì sulle colonne di questo giornale Il Rigoletto della musica internazionale ricordando la sua irresistibile carriera, cominciata a tredici anni: quando - per la prima volta - prese lezioni di canto da Mario Bigazzi, portiere di calcio della Nazionale B.

Il concerto si aprì con la sinfonia da Il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini. Niente canto. Solo musica, cui seguirono i primi applausi. Poi l'orchestra attaccò di nuovo. Questa volta con le note della celebre aria Largo al factotum che Leo Nucci cominciò a cantare da dietro le quinte, per irrompere sul palco a sorpresa: come si conviene a un gran divo.

«Applaudiranno…», bisbiglia con preoccupazione il professor Francesco Ruggieri, ben sapendo che, quando il baritono guadagna il palco in quel modo, il pubblico dovrebbe rimanere in silenzio: per non intaccarne l'esecuzione.

Infatti, appena Leo Nucci entra in scena cantando Largo al factotum della città! Largo!, il pubblico cagliaritano esplode in un applauso entusiasta, ma inopportuno.

«Hanno applaudito! L'hanno fatto!» - dice il professor Ruggeri ai suoi vicini di posto, rassegnandosi alla consapevolezza che il pubblico di Cagliari - a differenza di quello di Vienna o di New York - applaude quando gli pare e piace.

«Il mondo è cambiato. Sono finiti i tempi in cui le signore buttavano le pellicce in terra al passaggio del tenore. Sono finiti i miti», raccontò Leo Nucci a Maria Paola Masala senza nemmeno immaginare che - pochi anni più tardi - le sue magnifiche esibizioni sarebbero state graffiate dall'insistente squillare dei telefonini e non più dalla meravigliosa spontaneità di festosi applausi.
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