I l presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha giocato bene le sue carte al vertice europeo del 23 aprile, massimizzando il risultato per l'Italia nei due punti chiave della trattativa. Il primo è costituito dal Piano di sviluppo europeo (Recovery Plan) che, con il suo potenziale d'investimento atteso di 1.500 miliardi, di cui circa 200 per l'Italia, fungerà da traino e da moltiplicatore degli investimenti per la ricostruzione in Europa.

Il secondo è complementare al primo e riguarda i progetti, più limitati ma concreti, del fondo salvataggi Mes e della Commissione Ue che finanziano a tassi bassissimi la spesa sanitaria contro il Covid-19 e la cassa integrazione. Entro pochi giorni la Commissione Ue dovrà proporre ai governi i dettagli dei progetti. Ciò è segno di vitalità dell'Unione Europea e di sfida verso i sovranismi vari che ne auspicano una dissoluzione. In contemporanea col lavoro della Commissione, la Bce ha lanciato un altro piano di acquisto di titoli per 750 miliardi, all'interno del quale la Banca d'Italia ha già ricomprato il 22% circa del debito pubblico nazionale, versando i dividendi da interessi al Tesoro italiano. In tal modo, monetizza una parte consistente del nostro debito pubblico, senza generare panico nei mercati finanziari.

P uò farlo perché agisce a nome dell'Area euro, che vale il 14% dell'economia mondiale. Non avrebbe potuto farlo con la lira, in un contesto di tipo argentino.

I vantaggi di appartenere all'Unione monetaria europea non finiscono qui, ma si estendono all'intera politica economica nazionale, alle prese in questi giorni col contrasto alla crisi economica innescata dalla pandemia. Nella bozza del prossimo Documento di economia e finanza (Def) relativo al 2021, fatta filtrare alla stampa nei giorni scorsi dal ministero dell'Economia, sono contenuti i primi numeri della crisi in atto e dei provvedimenti di politica economica destinati a contrastarla. Per quest'anno, si prevede una contrazione del Pil reale di 8,1 punti percentuali, con un rimbalzo nel 2021 del +4,7%. Il governo lavora inoltre a una deviazione temporanea di bilancio di ulteriori 55 miliardi in termini di indebitamento netto per il 2020 e di 24,6 miliardi per il 2021. Il rapporto deficit/Pil, che in assenza della crisi sarebbe sceso all'1,8%, salirà invece al 10,4% quest'anno, per poi scendere al 5,7% nel 2021. Il debito pubblico salirà al 155,7% quest'anno, per poi scendere al 152,7% nel 2021. Il documento del governo prevede anche lo stop agli aumenti dell'Iva e delle accise previsti a legislazione vigente per il 2021 e per gli anni seguenti.

Si tratta di stime che si discostano da quelle del Documento programmatico di bilancio di fine anno a causa dell'emergenza sanitaria, che ha drammaticamente cambiato lo scenario economico. L'impatto delle misure anti-contagio faranno sentire i loro effetti per diversi anni.

Secondo il Fmi, la pandemia sta spianando la strada a una delle più grandi crisi mondiali dopo quella del 1929, ben più profonda di quella del 2008-2009 e della successiva crisi dei debiti sovrani del 2012-2014. Tempi duri, quindi, aspettano l'Italia, il cui debito pubblico è destinato a crescere vertiginosamente. Ciò nonostante i mercati finanziari sembrano reagire abbastanza bene, con lo spread che si muove intorno ai 220 punti. Non sarebbe stato così senza l'avallo europeo dell'intera manovra.

È in questo scenario che s'inseriscono gli ultimi interventi del Governo che, in parallelo al Def, si è già messo al lavoro su una maxi manovra correttiva per il 2020 da 150 miliardi, pronta ad essere approvata con il decreto di aprile. Tra i punti cardine ci sarebbe in primis quello di sfruttare lo scostamento di bilancio della manovra, ricavandone i 55 miliardi di correzione del 2020 e gli altri 24,6 per il 2021 di cui si è detto. Dei 150 miliardi, inoltre, 12 dovrebbero servire per pagare i debiti della Pubblica Amministrazione e altri 12 per anticipare alle imprese creditrici i pagamenti spettanti, mentre 30 verrebbero lasciati come garanzia sulle liquidità.

BENIAMINO MORO

UNIVERSITÀ DI CAGLIARI
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